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La notte
Un immaginario lirico
La notte, con le sue atmosfere, ha sempre ispirato tanti artisti e, fra questi, tanti musicisti.
Questi ultimi si sono rivolti in modo particolare al pianoforte, considerato lo strumento più adatto a suscitare sensazioni ed emozioni legate a questo tema, ma anche perché era il più presente nei salotti dell’alta borghesia. Nascono così i 'notturni', tipiche composizioni che richiamano la notte con i suoi misteri, con i suoi sogni.
Sono pagine di grande suggestione, di carattere intimo e raccolto e senza particolari difficoltà, tanto da poter essere eseguite dai frequentatori dei salotti di cui sopra, che erano, per la maggior parte, dei pianisti dilettanti. Hanno avuto diffusione soprattutto nell’800, con John Field (1782-1837) considerato da molti il padre di questo genere di composizioni e portate poi alla notorietà da Fryderyck Chopin (1810-1849) che ne compose ben ventuno.
Il musicista polacco, nell’arco della sua produzione compose molta musica per pianoforte solo, dalle sonate, ai valzer, alle mazurche, le polacche, gli studi e, appunto, i notturni composti tra il 1827 e il 1846.
Ma, se vogliamo trovare un’origine alle suggestioni dei musicisti nei confronti della magia della notte, possiamo anche risalire al 600, con Antonio Vivaldi (1678-1741) e al 700 con Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791): del primo possiamo citare il bellissimo concerto per flauto e archi op.10 intitolato proprio La notte e, del secondo la famosissima Eine Kleine nacht musik (piccola serenata notturna).
Anche Ludwig van Beethoven, nel primo Ottocento, compose una straordinaria sonata detta Al chiaro di luna il cui primo tempo viene considerato da tanti musicologi un vero e proprio notturno anche se il grande musicista non lo considerava tale.
Nella seconda metà dell’800 anche Felix Mendelssohn (!809-1847) si riferì, anche se indirettamente, alla notte quando compose Sogno di una notte di mezza estate per soli, coro e orchestra, da Shakespeare; composizione molto conosciuta ed eseguita, suddivisa in: ouverture, scherzo, intermezzo, notturno e la famosa marcia nuziale. Nel 1900 troviamo i tre notturni per coro femminile e orchestra di Claude Debussy (1862-1918), vertice del pensiero musicale impressionistico del compositore.
Il riferimento alla notte, anche se solo come immaginario o scelta dell’ambientazione, lo troviamo anche nell’opera lirica. Cito solo due esempi: nel terzo atto del Rigoletto, opera di Giuseppe Verdi (1813-1901) tratta dal dramma Il re si diverte di Victor Hugo, la tragica morte di Gilda, la figlia del protagonista che viene uccisa perché si sostituisce, all’insaputa di tutti, al vero bersaglio della vendetta del padre, il libertino eppure amato duca di Mantova, si consuma in una notte di tempesta.
E per concludere Giacomo Puccini (1858-1925) in quella che è forse una delle arie più famose di tutta l’opera lirica, nella sua Turandot fa cantare al principe Calaf «dilegua notte e tramontate stelle, all’alba vincerò!».