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Un filo sottile che si chiama desiderio
Lo sguardo del cinema sui luoghi proibiti dell’umana psiche
di Ivan Mambretti
Ultimo tango a Parigi, di Bernardo BertolucciIl sesso sta all'eros come la massa cerebrale sta al pensiero. Tu chiamale se vuoi equazioni. E questa equazione del saggista Bataille calza a pennello nel nostro tentativo di circoscrivere il vasto e variegato tema dell'attrazione sensual-sessuale nel cinema.
L'eros è attrazione potenziale e sofferta prima ancora che vissuta e praticata. Più indotta da stimoli reconditi che esplicitata in immagini o atti osé. Addentrarsi in questi angoli della psiche è come andare oltre il sesso in cerca dei suoi effetti collaterali: pruderie, vouyerismo, intime turbolenze, sogni, fantasie latenti. L'eros tende a respingere la volgarità e a salvaguardare il buon gusto. Un titolo significativo? Senso di Visconti, dove dentro una sontuosa cornice ottocentesca un innamoramento-amore adultero degenera in tradimento-autoannientamento.
Prima di imporsi come fattore imprescindibile della cultura contemporanea, il tema dell'eros ha interessato soprattutto scrittori e poeti romantici, suggestionati dal connubio classico 'eros e thanatos', amore e morte, che fa vivere interiormente sensazioni anche avvilenti quali la frustrazione, il tormento, il rimpianto, il rimorso, la passione. O la com-passione, dove il 'com' fa da tramite tra il patimento personale e il dolore universale cantati da Leopardi e ancor più da Wagner. L'amore è totale quando si sublima in dimensioni cosmiche: ascoltate il pianto di Isotta per la morte di Tristano, prestate orecchio allo strazio degli archi che lo accompagnano, abbandonatevi alla soavità del finale e comprenderete come il piacere e il dolore possano fondersi l'uno nell'altro, amalgamarsi con la natura e proiettarsi al di là della terra e del cielo. Non a caso Lars Van Trier ha scelto proprio il preludio del Tristano come colonna sonora del suo ammorbante Melancholia, che racconta in chiave metafisica una storia di apatia e depressione.
L'eros fu una componente rilevante del cinema sin dai tempi di Freud, da quando cioè le prime rappresentazioni dell'ideale femminile e maschile erano un mix di pudicizia e malizia, di istinto felino e diabolica innocenza. L'eros fu subito inteso non come l'ostentazione dell'osceno, ma l'insieme delle allusioni alimentate dal provocatorio carisma di personaggi creati su misura. Estasi fu il primo film a spogliare un'attrice (Hedy Lamarr). Eppure l'eros non emanava dal suo corpo nudo, ma dagli occhi. E fu proprio sullo sguardo languido e magnetico che costruirono la loro carriera star indimenticate quali Greta Garbo, donna di aristocratico splendore, Marlene Dietrich, la Lola-Lola dei tabarin tedeschi, e Jean Harlow, antesignana delle bambole sexy, mitizzata in quanto prematuramente scomparsa. Così come mitizzato fu, sul versante maschile, Rodolfo Valentino, prototipo del latin lover, morto all'apice del successo. Valentino aprì la lunga ed epica stagione degli eroi americani tutti d'un pezzo (oggi ci restano solo Sean Connery e Robert Redford) il cui declino fu causato dalle nevrosi sessantottesche, che portarono sul grande schermo uomini attraenti ma dai canoni estetici controcorrente, come il trio Hoffman-De Niro-Pacino o alfieri della Nouvelle Vague tipo Jean-Paul Belmondo (naso da pugile su faccia da canaglia) e il bel tenebroso Gerard Blain che, in Il gobbo, interpreta un partigiano dal corpo deforme ma dal viso d'angelo: curioso contrasto per un erotismo assolutamente fuori dagli schemi. Nel film di Rohmer La mia notte con Maud Trintignant, per rispetto delle sue convinzioni religiose, rifiuta le offerte d'amore della bellissima François Fabian.
Mentre col passaggio dal muto al sonoro le fatalone dannunziane alla Francesca Bertini mandavano in visibilio il pubblico italiano, negli Usa spopolava Louise Brooks, la peccaminosa Lulù caduta nelle maglie di una censura che pretese per il film un epilogo catartico: farla uccidere da Jack lo Squartatore. Non è il colmo? Un criminale incaricato di ripulire il mondo dal vizio! Caschetto nero e charme trasversale ai tempi e alle mode, il look della Brooks ispirò negli anni Sessanta la matita di Guido Crepax nel disegnare Valentina, eroina dei fumetti per adulti. Nel dopoguerra Rita Haywarth, nuova icona sexy, impersonò l'entreneuse Gilda, capace di turbare i sonni dei moralisti al semplice sfilarsi d'un guanto di seta nera.
Brooks, Louise
La tematica erotica in Luis Buñuel è invece metafora di paranoie, angosce e tensioni interne a una società divisa tra spirito di rivolta e acquiescenza al sistema, male di vivere e vocazioni sadomaso. L'anarcoide regista tuona contro un cattolicesimo repressivo che condanna il desiderio come peccato: in Bella di giorno una moglie insoddisfatta si prostituisce per sfuggire alle noie di una vita agiata e Catherine Deneuve è abilissima nel condurre il gioco del vedo-non-vedo attraverso i suoi indumenti intimi. In Italia Pasolini risponde al collega iberico con l'erotismo gioioso e liberatorio della sua 'trilogia della vita' e con le prime strizzatine all'omosessualità in Teorema, dove un enigmatico ospite ha rapporti con tutti i membri di una famiglia, uomini o donne che siano, e li scuote dal torpore borghese.
È incredibile come anche il cinema di Hitchcock sia percorso da un sottile filo di erotismo. Il maestro del brivido inizia in sordina col leggendario bacio fra Ingrid Bergman e Cary Grant in Notorious. Bacio lungo finché si vuole ma dal tasso di sensualità piuttosto basso, a causa della sobrietà dei due celebri interpreti. Più spinto (si fa per dire) l'Hitchcock degli anni Cinquanta, che riesce a trasformare in oggetti del desiderio le sue bionde, algide e compassate attrici. In La finestra sul cortile Grace Kelly copre di dolci baci e languide carezze il fotografo James Stewart immobilizzato dal gesso. Lo stesso attore, nei panni di un detective già di suo sofferente di capogiri, è inebriato dalla misteriosa carnalità di Kim Novak in La donna che visse due volte. In Intrigo internazionale Eve Mary Saint sta per raggiungere Cary Grant nella cuccetta proprio mentre il treno si infila in galleria. Ma la facile metafora muove al riso: troppo contaminata dal disarmante humour britannico del vecchio "Hitch"! La sua sequenza più cult resta pertanto quella della doccia in Psycho, dove ancora una volta si scontrano eros e thanatos. Il nudo della protagonista si intravede a stento fra una coltellata e l'altra dello psicopatico gestore del motel, figura efebica dall'appeal ambiguo.
Cary Grant e Grace KellyQual è il confine fra erotismo e pornografia? Difficile a dirsi. Molto dipende dalle sensibilità soggettive e dai contingenti modelli socio-culturali di riferimento. Nei film d'autore l'eros è considerato arte, nel cinema commerciale un'operazione di marketing. Analogamente nella pittura: il quadro di Courbet che ritrae una vagina in primo piano passa per opera d'arte in quanto custodito nel prestigioso museo d'Orsay di Parigi. Ma l'ignaro che lo cliccasse per caso sul web, dove penserebbe di essere finito se non su un sito porno?
Parte dai liberali anni Sessanta-Settanta la lotta contro tare e tabù. Prendiamo il caso eclatante di Ultimo tango a Parigi di Bertolucci: la carica erotica del film non si concentra nella famigerata scena del burro ma è spalmata sulle estenuanti esplorazioni sessuali tra l'ormai sfatto Marlon Brando e la ninfetta Maria Schneider (in The Dreamers il regista supererà se stesso descrivendo un menage a trois semi-porno nella Parigi del maggio francese). Le giovani che fanno perdere la testa a uomini maturi non sono comunque una novità nel cinema: ricordiamo almeno la kubrickiana Lolita (buon ultima dopo Lulù e Lola-Lola) o la love story proibita fra un ministro inglese e la sua futura nuora in Il danno di Malle.
Si afferma intanto il cinema porno propriamente detto. Un cinema che di fatto non ha trama. Attori a luci rosse e stacanovisti del sesso nemmeno si vedono in faccia, essendo la recitazione affidata... ai competenti organi. A poco vale qualche tentativo di nobilitare il genere con citazioni colte come in Histoire d'O o con impreziosimenti scenografici alla Tinto Brass. Ma il porno in sala dura poco. Sarà infatti assorbito dall'home-video, fenomeno analizzato in Sesso, bugie e videotapes, che ci avverte di come il vouyerismo non riguardi più solo il cinema, ma ormai anche gli audiovisivi di uso domestico.
Erotismo e frustrazione, allegria consolatoria e crisi d'identità: sono questi gli ingredienti del cinema di Almodovar, che racconta lo spaesamento dell'uomo moderno attraverso storie ora ironiche ora dolenti di personaggi borderline (omosex, trans, lesbo...). Intanto il vento caldo di un eros estetizzante e patinato attrae anche i registi asiatici, dall'audace Oshima dell'impero dei sensi al raffinato Ang Lee di Lussuria.
Oggi che la censura ha capitolato e tutto viene sciorinato alla luce del sole, diventa difficile individuare un eros sottotraccia. Grazie all'emancipazione femminile emergono intanto le doti nascoste anche di attrici non avvenenti. Anzi, funzionano bene le brutte ma brave come Meryl Streep (La mia Africa), Isabelle Huppert (La pianista), Glenn Close (Attrazione fatale). Se 'eros e psicanalisi' è la cifra che distingue il Bellocchio di Diavolo in corpo e Marco Ferreri inneggia all'eros scatologico con La grande abbuffata, 'eros e anoressia' è invece il tema sviluppato da Matteo Garrone in Primo amore: un uomo potrà amare la sua donna solo se si sottoporrà a una dieta per ridursi all'essenziale, cioè pelle e ossa (si presta lodevolmente alla scarnificazione di sé Michela Cescon).
Ma il grande successo arride alle stangone prorompenti come Sharon Stone col suo generoso accavallamento di gambe in Basic Instinct e Kim Basinger con lo strepitoso strip di 9 settimane e ½ (decisamente meglio di quello casereccio della Loren in Ieri, oggi, domani). E poiché dopo il Sessantotto anche l'occhio del pubblico in rosa vuole la sua parte, Ferreri e il suo attore feticcio Gerard Depardieu sdoganano il nudo maschile (sinora considerato ridicolo). Peccato però che il debutto avvenga nel segno dell'autolesionismo estremo: Depardieu infatti, in L'ultima donna, si evira con un coltello elettrico! Lezioni di piano racconta l''amour fou' di un maori che si spoglia per una musicista muta, mentre in Shame Michael Fassbender è un erotomane edonista disturbato.
Se vi è una spia per capire le fragilità dell'uomo moderno, questa spia è l'eros, che nelle sue molteplici declinazioni si configura come specchio del bisogno di affrancamento da ansie, debolezze, insicurezze. Se l'eros del vecchio cinema contagiava timidamente il mondo dei buoni sentimenti, oggi è il contenitore di piaceri effimeri, falsi miti, fugaci consolazioni, atti di violenza. Eros e thanatos, si diceva. Ma la thanatos odierna è sempre meno 'morte per consunzione intima' e sempre più 'morte per disperazione sociale'. L'eros, dunque, come allarme e sintomo paradossale della difficoltà di amare.