La bellezza
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Un prototipo debole da dominare
Bianche come il latte, molli come il burro, accoglienti come un cuscino e...
Nella cultura popolare alpina, la donna incinta diventa più bella. Nel nostro modo di parlare, sia in dialetto che in italiano, è quasi assente la locuzione "una bella donna", ...
sostituita quasi sempre da "una bella sposa", in cui l'accento è posto sulla capacità generativa e di lavoro di riproduzione (che non comprende solo l'abilità di procreare ma riguarda più in generale il potere, femminile, di creare, conservare e trasformare cibo a partire dal mondo vegetale e animale). Il modo di dire rispecchia una concezione arcaica, in cui anche la bellezza è qualche cosa di profondamente diverso dai canoni di attrazione sessuale con cui, nel corso dei secoli, gli uomini di potere hanno ingabbiato prima le loro donne, e poi tutte le altre.
Le Prime Madri
«Tozze e graziate che sembravano rospi»: così definirono le Madri nel secolo scorso, quando casualmente nei dintorni di Capua si rinvenne un magnifico santuario1 dedicato alle sorelle delle Matres celtiche, antenate delle Madonne cristiane: le maestose dee che, per migliaia di anni, regolarono le sorti dell’umanità. Le Signore della natura, degli animali e delle piante, degli alpeggi, dei pascoli e delle montagne, delle sorgenti, delle paludi e degli acquitrini, della vita e della morte: donne di pietra, donne di terra che hanno conservato intatto il mistero di un fascino ambiguo.
Quando gli antropologi di fine Ottocento, degni rappresentanti di una cultura accademica maschilista, patriarcale e conservatrice, rinvennero le immagini dell'antica Dea incinta, non immaginarono neppure che potesse rappresentare la Prima Madre: parlarono subito di ottentottismo. Quando poi rinvennero gli scheletri delle donne antiche, rilevarono - come c'era da aspettarsi - che erano magre e slanciate: alcune delle signore sepolte ai Balzi Rossi, in Liguria, superavano i 170 cm di statura.
Le Veneri sono tipi primordiali del carattere femminile elementare: la ricerca sugli scheletri non ha trovato alcun riscontro fra la struttura corporea delle donne di quegli anni e le immagini delle Dea, in cui il ventre e le mammelle, spesso gigantesche, sono l’unica cosa reale: la fecondità ha trovato un’espressione sovra e preumana. La testa è priva del viso, inclinato verso il centro del corpo; le braccia sono solo accennate. Il femore e le cosce gigantesche terminano in gambe sottili. La zona pubica è enfatizzata, spesso con una forte accentuazione della vulva, come forse può apparire durante il parto, o a causa di una tumescenza2. È la dea della fertilità, incinta, signora della gravidanza e della nascita che, come oggetto di culto, non solo delle donne ma anche degli uomini, è l’archetipo della fertilità, del carattere elementare soccorrevole, protettivo e nutriente.
E mentre la preistoria abbonda di rappresentazioni espressive e realistiche di donne che stanno per partorire, il gusto sofisticato delle epoche successive bandì questo soggetto. La pancia sporgente sembra incompatibile con l’eleganza della scultura greca, né è reperibile in dipinti o sculture di epoca posteriore. Specialmente dal XIX secolo in poi, la gravidanza è qualcosa da nascondere, il contrario esatto della bellezza. Non doveva essere così nella preistoria: queste figure di donna sono stranamente attraenti. Sono nude, ma cercano di farsi belle in molti modi: una pettinatura elaborata, collane a molti giri, cerchietti; sulle statue stele cinture, ampie decorazioni, dischi piatti e rotondi.
I canoni di attrazione sessuale: bianca, molle, florida. Ma soprattutto… diversa. E possibilmente anche scema.
I canoni di attrazione sessuale sono diversi a seconda della classe sociale di riferimento: ed è proprio nel Rinascimento, periodo in cui - è bene ricordarlo... - infuria in Europa la caccia alle streghe e fin nei più remoti villaggi alpini si accendono roghi di donne, che si afferma un ideale di bellezza femminile completamente diverso da quello dei secoli precedenti.
In maniera molto riduttiva, da varie parti si è cercato di affermare che i modelli di donna ritenuti attraenti che si sono imposti nel corso dei secoli obbedivano a considerazioni per lo più economiche: ovvero, una volta, quando c’era una fame endemica che martoriava i corpi e faceva morire la gente per denutrizione, andava di moda il corpo femminile abbondante se non grasso, perché avrebbe significato prosperità. In seguito, quando la quantità di cibo non sarebbe più stata un problema, sarebbe subentrato un modello androgino, che avrebbe testimoniato l’assunzione di una qualità di cibo diverso (proteine e vitamine e non farinacei e carboidrati; alimenti quindi ricchi e costosi, che non tutti potevano permettersi) e un sistema di vita più “sano”. In entrambi i casi, i messaggi attrattivi si sarebbero basati su una presunta appartenenza ad un ceto sociale elevato, e quindi su una promessa di benessere economico implicito.
Francisco Goya - Maja desnuda
Questa teoria, però, è completamente ribaltata dal modello femminile gotico, nel quale le donne appaiono magrissime e deformate, in un periodo storico in cui paurose carestie sterminavano gran parte della popolazione. La stessa cosa avviene nell’antichità, in cui le signore greche, romane, etrusche, egizie non appaiono certo floride, anche se vasti strati della popolazione erano sicuramente denutriti. Per non parlare del Paleolitico, in cui le Madri sono incinte, ma la dieta era ricchissima di proteine e simile a quella odierna, e si moriva di tutto fuorché di fame, come attestato dall'alta statura raggiunta dagli scheletri.
Lorenzetti - Madonna del latteIn realtà, ancora oggi non si capisce fino in fondo a che cosa obbediscano i canoni di attrazione sessuale e i criteri di bellezza socialmente accettati e condivisi. Una cosa è certa: sono creazioni culturali e antropologiche, che cambiano a seconda del periodo storico e del gruppo di riferimento. Tanto è vero che più la cultura dominante cerca di emarginare la donna, tanto più le sue caratteristiche sessuali e riproduttive vengono in qualche modo nascoste. Nel tardo Medio Evo, per continuare l’esempio del gotico, comincia l’elaborazione del modello prima letterario e poi culturale della donna angelo, senza corpo, perennemente vergine (e quindi mai madre), priva di pulsioni sessuali (ricordiamo che anche Freud nega la libido nella donna…), con la quale non è permesso niente, esponente della nobiltà o di ceti sociali comunque alti. Antitesi diretta, la puttana, alla quale invece è permessa qualunque cosa, che viene dai bassifondi o dal popolo. Ma è il primo tipo a essere rappresentato nei quadri e nelle sculture delle cattedrali: e in quale considerazione gli artisti tenessero i caratteri sessuali distintivi femminili lo si vede esaminando come vengono dipinti i seni delle “Madonne del latte”, che, di solito, stanno sulla spalla o in posti completamente inverosimili, e sono a forma di palla.
Peter de Kempeneer - Ritratto di donnaIn questo periodo si può individuare un cambiamento epocale: ciò che divenne veramente importante, fu che le donne diventassero “diverse” dagli uomini, in qualunque aspetto dell’abbigliamento, dell’immagine e del comportamento. Ogni movimento, ogni gesto fatto da una signora doveva riflettere la delicatezza e la morbidezza che si attendeva da lei (da quelle di ceto alto, per lo meno), opposta alla virilità maschile. Dal XV secolo in poi, i trattati sulla famiglia, i galatei di vario tipo e perfino la letteratura medica insistono sulla fragilità del sesso femminile, sul dovere degli uomini di proteggere le donne dalle proprie innate debolezze, dominandole con mano gentile ma ferma3.
Nobili e borghesi, rinchiuse, come mai prima, fra le mura domestiche e cittadine (a differenza delle castellane medioevali, anche delle monache, che cavalcavano e non di rado maneggiavano le armi) devono proteggere la pelle dal sole: ovvero, non esporsi mai agli elementi naturali, e proteggere la pelle del viso con cappelli a tesa larga e ombrellini da sole; quella delle mani, con i guanti. In altre parole: i nuovi canoni di bellezza femminile - elaborati dai maschi per imprigionare le donne - rendono brutte le signore che fanno una vita attiva, e non solo le contadine che si spaccano la schiena sui campi dall'alba al tramonto. Anche l'intelligenza imbruttisce, diventa sinonimo di saccenza e distingue, guarda caso!, le zitelle.
Ma fra gli Alpini è tutta un'altra storia...
L’esaltazione della povera delicata fanciulla non trovava spazio fra contadini e operai, i quali, specie in vista del matrimonio, valorizzavano, sopra ogni altro fattore, la robustezza e la capacità di lavoro: cose che non sempre si trovavano, visto l’imperversare della malnutrizione e del rachitismo. Inoltre, è presumibile ipotizzare che fosse ben considerata un’altra qualità abbastanza svalutata nei ceti alti: l’intelligenza, necessaria per guadagnarsi da vivere e per mandare avanti l'attività di famiglia specie quando, come succedeva nelle nostre valli, l'uomo non c'era perché lavorava fuori.
Poi i modelli cambiano ancora, ma continua l’accentuazione di caratteristiche che esaltano la fragilità femminile e la non maternità: vedi il ”vitino di vespa”, ottenuto anche a forza con l’uso di busti dalle stecche di ferro.
Sessualmente, una donna, dopo il primo figlio, viene reputata molto meno interessante (“Ha già avuto un figlio”). Essere incinta viene considerato riprovevole dal punto di vista sessuale, alle donne che aspettano un figlio viene sconsigliato di avere rapporti col marito, e spesso la moglie perdona al coniuge il tradimento perché non può fare sesso con lui essendo in gravidanza, e non solo per impedimenti fisici, ma perché si trova disgustosa. San Girolamo maledice la maternità come “tumefazione dell’utero”. La pancia sporgente sembra incompatibile con l’eleganza della scultura greca, né è reperibile in dipinti o sculture di epoca posteriore. Specialmente dal XIX secolo in poi, la gravidanza è qualcosa da nascondere, il contrario esatto della bellezza.
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Tutto ciò in ambito popolare non avviene. Anzi: normalmente si pensa che “una donna incinta diventa più bella”. Non solo: le donne belle sono quelle di sana e robusta costituzione, adatte al lavoro: nessuno vorrebbe una ragazza fragile. Questo perché, in primo luogo, la donna svolge un ruolo dominante sia a livello pratico che simbolico e la maternità non solo viene ricercata, ma viene anche divinizzata.
A livello popolare, però, una donna senza figli viene considerata tuttora “un ramo secco”; e per indicare una bella donna continua a dirsi “una bella sposa”, con significato riproduttivo esplicito.
1 Maria Rosaria Borriello, Luigia Melillo Faenza, Matres Matute al museo di Capua, Milano, Angelicum-Mondo X
2 Wolfgang Ledere, Ginofobia: la paura delle donne, Milano, Feltrinelli, 1973, p. 22-24
3 AA.VV., Storia delle donne cit., vol. III, , Sara F. Matthews Grieco, cit., p. 65