L'evoluzione

Un percorso per uscire dal caos esistenziale

… e comprendere un’odierna prospettiva più spirituale e creativa

di Luca Calabrò - SECONDA PARTE

demoiselles picasso

Les Demoiselles d'Avignon di Pablo Picasso

Nel corso del tempo, e purtroppo soprattutto in Occidente, questa prospettiva si è progressivamente annacquata volgendo la prassi evolutiva verso un senso più filosofico-politico.

Si conferma da una parte positivamente il percorso evolutivo come 'rivoluzione' che libera da uno status-quo anche economico materiale inaccettabile, ma non lo si lega più al grado ultimo del processo che è l’abbandono totale di una limitata e limitante individualità.

La politica e la filosofia di sinistra, e anche in parte più conservatrici - pensiamo a Toqueville - si sono ampliamente interrogate sulle condizioni dell’individuo e delle società in vista di un progresso evolutivo che emancipasse l’uomo. In una significativa simmetria temporale - che va dal 1789 al 1989 - l’Occidente ha sperimentato attraverso molteplici percorsi un periodo dinamicissimo di rivoluzioni, innovazioni filosofico - politiche e di movimenti socio-economici creatori di nuove prospettive sociali ed individuali. Essi si sono manifestati soprattutto nel ‘900 anche come terreni fertili per l’evoluzione delle arti e anche come entusiasmo ed euforia collettivi.

In un certo senso, la dialettica tra vari fattori spirituali, politici, economici e sociali si è esplicitata in un dinamismo dello spirito che (rubando una felice espressione che Hobsbawn ha usato in termini economico-sociale per buona parte del secondo dopoguerra) si potrebbe definire una «età dell’oro» della creatività. Il Novecento si apre con il sorgere delle arti visive, della Rivoluzione cubista, col Futurismo, con l’Espressionismo, col Cubo-futurismo, col Suprematismo russo e molto altro. L’architettura, dalle grandi città americane ai movimenti europei come Bouhous, reinventa lo spazio. La musica, con svariate sovversioni soprattutto del linguaggio ritmico e tonale, si rinnova come esperienze che vanno dalla dodecafonia al Jazz. Jazz che esprime anche un momento di emancipazione in movimentazione sociale che segna l’emergere di nuove classi e il mutare antropologico di quelle già esistenti.

 

 

Anche il Secondo dopoguerra non è, da questo punto di vista congelato dalla Guerra Fredda. Anzi, secondo molte e recenti letture proprio lo status di equilibrio fra i due Blocchi ha permesso una dinamicità della società lungo due direttrici parallele, quella che si può definire creativa e quella 'economico- sociale'. Questo è il momento di massima creatività e libertà della cultura di massa con una crescita economica e un ruolo sempre più attivo soprattutto attraverso l’azione dei grandi partiti di massa e della loro capacità aggregatrice, di classi sociali un tempo subalterne.

 

A costo di semplificare molto la multiformità delle prospettive storiche, con il 1989 l’epoca dinamica delle rivoluzioni si arresta. Processi economici-sociali e culturali già iniziati decenni prima (si pensi alla progressiva economicizzazione degli spazi pubblici o dell’avvento di certe tragiche sottoculture mediatiche di ordine regressivo) prendono il sopravvento in un ordine eminentemente totalitario, non esplicito, ma subdolamente condizionante. La crisi attuale, che viene analizzata solo secondo una prospettiva economico-politica o geopolitica può essere letta in una prospettiva più spirituale e creativa come crisi dell’immaginario, crisi quindi della narrazione di una prospettiva evolutiva. Il disgregarsi delle comunità in singole monadi esistenziali va di pari passo con il disgregarsi del soggetto in frammenti irrisolti di singole esperienze stupidamente emotive, eterodirette e sostanzialmente irrelate. In un recente saggio il filosofo Byung-Chul-Han parla della nostra epoca come epoca in cui entra in crisi la narrazione, intendendo le grandi narrazioni mitopoietiche, religiose, filosofiche, politiche che hanno costruito l’impalcatura dell’immaginario che ha strutturato il percorso storico-evolutivo della razza umana. Le grandi narrazioni costruttrici di senso 'Alto' per il singolo e per la società si sfarinano, secondo una logica strumentale, in micro narrazioni bloccate nel tempo, sempre uguali, di un eterno presente senza prospettive, e quindi di fatto anti-evolutive.

 

 

La “fine della storia” come spazio del mercato globale - proprio il mercato dove Zarathustra annuncia l’avvento dell’uomo ultimo - è la fine della tensione evolutiva dello “spirito”. Questo, come si vede, è solo un illusorio fermare il tempo in uno spazio di eterno benessere. Se la prospettiva evolutiva dinamizza lo spirito, oggi per la maggior parte degli individui l’orizzonte ultimo dell’essere uomini è il ristagno in un benessere sempre più avvolgente e sempre più blindato dalla potenza della tecnologia. Tutto questo è un illusorio fermare il tempo, come l’illusione di fermare lo scorrere dell’età sul proprio corpo. Tempo che riprende il sopravvento nei termini anti evolutivi dell’avvento del caos.

«Età del caos» viene definita la nostra epoca. Il ritorno a un Caos da pre-civilizzazione nel senso fin qui esposto decompone tutte le strutture: sociali, relazionali, individuali, politiche come le Nazioni e le strutture del soggetto ormai destituito di senso. Tutto in un silenzio povero di reattività, dei singoli e delle società.

La crisi attuale, a differenza di quelle del passato, non riesce a trovare attraverso i linguaggi della creatività un’espressione adeguata. Se c’è un urlo non è quello massimamente espressivo di Munch, è un urlo muto: i linguaggi minimali attuali non hanno la grandezza per urlare. Nella apatia illusoriamente colorata dell’oggi si spegne ogni prospettiva evolutiva Alta.

Seguendo i percorsi storici umani secondo una prospettiva opposta a quella del materialismo storico e del pensiero economico-politico (come Cauvin nel saggio sulla nascita della rivoluzione agricola come prodotto della rivoluzione dell’immaginario simbolico) possiamo leggere il Caos inespresso di oggi come crisi delle facoltà creatrici e immaginifiche. Non un Caos produttivo e creativo, ma un caos che è quello del tempo della dissoluzione.

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