Il male
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Donne per bene e donne per male
Il demonio è femmina?
“La ragione naturale è che la donna è più carnale dell’uomo, come risulta da molte sporcizie carnali.
Davvero, se non esistessero le iniquità delle donne, anche a prescindere dalla stregoneria, a quest’ora il mondo rimarrebbe privo dei suoi innumerevoli pericoli”. Parola di Heinrich Institor e Jakob Sprenger, nel Malleus Maleficarum, manuale per la caccia alle streghe. Mentendo su un imprimatur che non hanno mai avuto, i due domenicani, campioni di ortodossia cattolica, scavalcano il pontefice (che non dà il permesso di pubblicare il libro) e in nome del bene maggiore, falsificano il timbro papale con l’aiuto di un notaio compiacente e fanno iniziare la caccia alle streghe in Germania. Quando Innocenzo VIII se ne accorse, pur di non sconfessare i due difensori del bene, che comunque agivano per combattere il male assoluto, l’imprimatur lo mandò davvero e il Malleus divenne un boom editoriale.
Perché sono le donne, tutte streghe in erba, che, con la loro irrefrenabile voracità sessuale, rappresentano il male assoluto.
Le streghe attentano continuamente alla virilità del maschio, rendendolo impotente e privandolo persino dei suoi organi sessuali, ma sorelle madri figlie e mogli comuni non fanno da meno: i due domenicani si scagliano contro ogni essere di sesso femminile, descrivendone crimini e miserie e promuovendo un’inferiorità di fatto. La donna diventa un’insaziabile erotomane qualunque dei suoi gesti e in ogni suo pensiero, che, per soddisfare la sua incontenibile libidine, è disposta a giacere con diavoli orribili, e a generare con loro esseri mostruosi. Le donne sono potenzialmente pericolose in quanto femmine, portatrici di un’identità sessuale precisa, che travalica il genere: mentre una donna può anche assumere ruoli tradizionalmente maschili, come l’esercizio del potere o la funzione sacerdotale, cose che le signore hanno svolto per millenni, un maschio non potrà mai partorire, malgrado i riti di sostituzione. Comincia la paura maschile verso le proprie compagne, nutrita dall’invidia di procreare (altro che invidia del pene di freudiana memoria!!!) e cementata dall’incomprensione verso la diversità. Il timore genera disagio e il disagio violenza: tramite questo meccanismo il divario si approfondisce sempre di più, fino ad arrivare all’incomunicabilità e a giustificare l’oppressione sul più debole.
D’altra parte i domenicani anticipano i tempi in tutto. Perché è proprio uno di loro, Jacopo Passavanti, figura di fine intellettuale, architetto, che per le sue capacità fu mandato a completare gli studi fino a Parigi: nella sua opera Lo specchio della vera penitenza della prima metà del ‘300, rimette in auge la figura della bellissima diavolessa che tenta il santo monaco in ascesi nel deserto. Di fronte a simili irresistibili attacchi, cambiano le concezioni di bene e di male, di peccato e di natura demoniaca. Fra il ‘300 e il ‘400 emerge anche un altro dio, sconosciuto fino ad allora alla gran parte della gente, che decide di combattere il Male con i suoi stessi mezzi, anzi con armi divine potenziate dalla giusta violenza che sembra un male solo a chi non ne capisce la profonda giustizia. Si tratta del Dio vendicatore veterotestamentale, il quale, secondo una profezia della beata Luitgard di Wittichen Tom, morta nel 1348, desidera “strangolare la gente come si strangolano i polli”. È armato con le stesse armi della Morte e del Male: l’arco, le frecce, il dardo1... ma lui in fin dei conti colpisce a fin di bene.
Sono le prime avvisaglie dell’Inquisizione, che comincia a lavorare nei centri urbani? O le conseguenze traumatiche della peste nera, che sterminò un terzo della popolazione europea nel 1348? Malgrado questa concezione della divinità non fosse propriamente ortodossa, in questo caso non si scatenano crociate né vengono promulgate bolle papali di scomunica. Comincia ad essere istillato il “timor di Dio”, strumento essenziale per incutere terrore e fare accettare l’ideologia del peccato.
Da questo momento in poi, diviene chiaro a tutti che il male assoluto è racchiuso nel corpo delle donne, e viene espresso dalla sessualità non regolata. Sono le femmine l’origine del male: sono loro che, usando poteri di fascino e seduzione di chiara origine diabolica, trascinano gli uomini sulla via del peccato. E mentre per i maschi la colpa può assumere tutte le sette sfumature dei vizi capitali, per le donne diventa sempre e comunque, di matrice sessuale.
I compagni delle peccatrici: demoni e poveri diavoli
Compagni, amici e aiutanti della strega, onnipresenti tentatori dell’anima femminile, capaci di portare anche le vergini più innocenti nelle perversioni dei mali carnali: ecco i diavoli e, poi, “il” diavolo.
La loro immagine cambia nel tempo; ed è il primo prodotto dell’elaborazione culturale inquisitoriale. Perché la concezione del maligno prima ebraica, e poi cristiana delle origini, parla di un essere completamente immateriale, puro spirito, lontananza da dio, male assoluto, tenebra intensa: ma è un’idea senza corpo. Troppo astratta, troppo intellettuale per far paura a chi vive una civiltà completamente legata alla terra.
Poi arriva la diavolessa. Già gli Ebrei parlavano di Lilith, bellissima demoniessa tentatrice, con cui (anticipando di molto i discendenti cristiani) demonizzano la Grande Dea Alata mesopotamica. Fu la prima moglie di Adamo: ma, non volendosi piegare al patriarcato, lo mollò clamorosamente assumendo da allora in poi natura diabolica e diventando – non è il caso di dirlo…- brutta come l’inferno. Sant’Antonio nel deserto è tentato da diavoli femmine: ma è un santo egiziano, discendente diretto da quegli asceti ebrei che temevano le donne più della peste. Diavolesse tentatrici di uomini esistono in molte valli alpine e specialmente in valle Antigorio, sopra Domodossola; ma anche lì sono le donne a subire le tentazioni peggiori e a cedere più facilmente: perché pare che i diavoli maschi avessero due falli, e, in queste condizioni, le signore non avrebbero proprio saputo resistere al corteggiamento.
Di fatto però la prima rappresentazione “di massa” del gran principe delle tenebre, è una parodia di colui che, per millenni, era stato il potentissimo signore dei boschi, il Gran Dio Pan, un bel satiro mostruoso, metà uomo e metà capra2: il cui culto, guarda caso, consisteva in feste orgiastiche notturne attorno al fuoco, che sarebbero state denominate, dagli inquisitori, sabba. Sulle spalle gli vengono aggiunte delle ali di pipistrello per sottolinearne l’appartenenza “notturna”.
I demoni assolvevano, in realtà, la funzione che oggi compiono gli “spiriti guida” degli sciamani: aiutavano la strega nei lavori più pesanti. Che questi esseri istericamente streghizzati e demonizzati in seguito non dovessero poi incutere così tanta paura è testimoniato da queste descrizioni tardive (risalgono alla fine del '600) elaborate e raccolte da uno dei nemici naturali del povero Satanasso: il francescano Ludovico Maria Sinistrari, novarese, nel suo libro intitolato, ovviamente, "Demoni". Ecco come descrive i suoi terribili antagonisti: mentre...
l'uomo è stato formato, come lo constatano le Scritture (Gen. 2. v. 7.) della parte più densa di tutti gli elementi, vale a dire di fango, miscela densa di acqua e di terra: tali creature, al contrario, saranno formate dalla parte più sottile di tutti gli elementi o di uno di essi; così gli uni conterranno terra, gli altri dell'aria, o dell'acqua e del fuoco e per evitare di definirli negli stessi termini dell'uomo, essendo da aggiungersi alla definizione di essere umano la menzione della densa materialità del suo corpo per il quale egli differisce da cotali creature.
E poi:
...noi ancora ammetteremo ch'essi nascano e muoiono, che si distinguono in maschi e femmine, che essi abbiano, come gli uomini, dei sensi e delle passioni; che i loro corpi si nutrano e crescano; tuttavia il loro nutrimento non deve essere grossolano come quello che richiede il corpo umano, ma una sostanza delicata e vaporosa, emanata da effluvii emanati da tutto ciò che, nella natura, abbonda in corpuscoli volatili, come il fumo delle vivande e in special modo delle vivande arrostite, il vapore del vino, dei frutti, dei fiori, degli aromi, da cui si emanano degli effluvii di tal genere; sino ad una evaporazione totale e perfetta delle parti sottili e volatili. Che, per il resto, essi possono vivere in società e tra i loro distinguersi a seconda del rango e della presenza; che essi coltivano le arti e le scienze, che esercitino delle funzioni, formano degli eserciti, fondano città e tutto ciò infine che è necessario alla loro conservazione, a ciò io non apporrò alfine alcuna obiezione.
Anche loro, infine, sono passibili di salvezza:
...esistono dei Demoni di tale sorta, succubi e incubi, i quali sono dotati di senso e soggetti alle passioni, come è stato provato; che nascono per generazione e muoiono per corruzione, che sono capaci di beatitudine e di dannazione; che, a ragione della sottilità del loro corpo, sono più nobili dell'uomo e che, se loro accade di aver commercio carnale con l'uomo o con la donna, commettono un peccato analogo a quello di cui l'uomo si macchia unendosi con un bruto che è inferiore all'uomo; inoltre non è raro che tali demoni, dopo aver intrattenuto dei rapporti prolungati con degli uomini, delle donne o delle giumente, possano anche uccidere quest'ultime, e ciò ha una spiegazione: essendo soggetti a peccare, essi dovranno anche, poiché sono in via di salvazione, potersi nutrire; ora così come l'uomo che pecca abitualmente con un animale, riceve dal suo confessore l'ingiunzione di distruggere tale animale al fine di sopprimere le occasioni di recidiva, lo stesso potrà giungere ingiunzione al Demone pentito di uccidere l'animale o l'uomo con cui pecca abitualmente; né tale Demone dando la morte ad un uomo compirà un peccato, più che un uomo dando la morte ad un animale, poiché la differenza essenziale esistente tra l'uomo e un demone di tale sorta, proporzionerà l'uomo verso un demone come un'animale verso l'uomo" 3.
Si tratta di una descrizione, tutto sommato, "molto umana", in cui il Maligno è ancora molto simile ad ognuno di noi. In effetti la definizione della figura del demonio, e specialmente la sua diffusione a livello popolare, col bagaglio di terrore dell'Inferno e di celebrazione del sacrificio per la salvezza che si porta dietro, è un'idea che anche all'interno della Chiesa tarda ad affermarsi. Tanto per cominciare, la prima Cristianità, fino all'editto di Costantino che la consacrava religione ufficiale di Roma (383), si trovò troppo occupata a lottare per la propria sopravvivenza per poter elaborare un'immagine convincente del Diavolo, o semplicemente per preoccuparsene oltre un certo livello. La speculazione cristiana sulle caratteristiche e l'attività di Satana avrà inizio (ma solo fra i massimi intellettuali e teologi) poco più di un secolo dopo, con Agostino. Almeno fino al IX secolo, però, quando Carlo Magno fu incoronato sovrano del Sacro Romano Impero, la Chiesa fu troppo impegnata a difendere i bastioni "fisici" della Cristianità dagli assalti delle popolazioni nordiche e dai musulmani per prestare particolare attenzione al Nemico Interno Numero Uno4.
Anche l'iconografia demoniaca segna il passo: nei primi secoli Lucifero viene raffigurato simbolicamente come serpente (Genesi, 3.1), mostro marino (Isaia, 27.1), drago (Apocalisse, 12.9), leone (Pietro, 1.5,8). In figura umana comincia a far bella mostra di sé nel Medio Evo, e uno dei disegni più antichi fra quelli che sono arrivati fino a noi ce lo presenta in una scena di esorcismo di ossessi illustrata in un codice, miniato nel 586, conservato alla Biblioteca Laurenziana di Firenze. Lui è una nera figurina di fanciullo unghiuto e cornuto, che fugge salendo nell'aria. Verso il IX secolo i suoi ritratti si fanno via via più frequenti. In figura umana, comincia a popolare capitelli, doccioni e gocciolatoi delle cattedrali verso l'XI-XII secolo; nel portale occidentale di Arles, in quel periodo, lo si raffigura come un mostro terrificante, con tratti bestiali. È la prima comparsa di alcuni elementi ereditati dal satiro dell'età classica: corpo peloso, orecchie a punta, barba caprina, piedi forcuti. La bocca ghigna, mostrando le zanne; alle ali sulle spalle si aggiungono quelle sulle gambe, gentile omaggio, forse, di Mercurio, o di uno spirito-uccello. In questo modo si fa vedere a Chartres, Amiens, Reims, Bourges nel XIII secolo.
Nel '400 lo ritroviamo a Pisa, al cimitero, sotto forma di orrido gigante divoratore, ibrido di quegli ormai remoti Baal e Moloch e dell'antichissimo Crons, Saturno antropofago, divoratore dei suoi figli. Nel mosaico del battistero di Firenze anche il trono e gli inseparabili serpenti ingoiano avidamente umani. Per influenza orientale, il nostro eroe viene fornito di ali di pipistrello e di drago, e diventa sempre più simile al grottesco "freak" di un esasperato baraccone infernale. Quest'orrore ormai molto popolare è quanto di più lontano si possa immaginare dall'Angelo di luce precipitato per orgoglio dal trono celeste5. Eppure, malgrado tutti gli sforzi dei preti, mostri e mostriciattoli, continuano a piacere. Anzi, piacciono sempre di più: scendono dai luoghi consacrati per appollaiarsi su grondaie aristocratiche e borghesi, ornano i frontespizi delle case, proteggono gli usci, sorreggono i mobili, e, nel Barocco genovese, esplodono letteralmente da porte, antine, troumeaux, comodini. Tanto brutti da diventare perfino belli.
Il grande mutamento nella storia della percezione del Diavolo avviene con la caccia alle streghe. Rispetto alle vite medioevali dei santi, o alle storie di magia rinascimentale, appare un essere maligno ma, tutto sommato, poco potente, tanto è vero che le cronache delle sue malefatte tramandavano storie di crimini mancati, mandati a monte da un po' di acqua santa, una preghiera e un segno della croce. Non è poi tanto orrendo; anzi, la sua caratterizzazione non mancava di molte virtù. Il demonio medioevale è una persona logica, competente in materia legale, spesso rappresentato mentre difende la sua causa davanti ad una corte di giustizia. È un abile lavoratore, di cui ci si può servire per scavare nelle miniere, o per costruire ponti, palazzi e mura, anche se poi lo si imbroglia il giorno della paga. Anche il mago rinascimentale aveva con Lucifero un rapporto di dominio, in cui l'essere infernale faceva il servo: a volte compiacente, spesso recalcitrante, ma sempre e comunque in posizione subordinata rispetto al padrone (che rimane l'uomo).
Nella relazione diavolo-strega, invece, nel corso del processo inquisitoriale, i termini si capovolgono. Nel giro di tre secoli, la donna da padrona che dà ordini ai suoi spiriti aiutanti diventa schiava, succube anima e corpo del demonio, e questi si presenta come il suo padrone sessuale, marito e magnaccia contemporaneamente. Inoltre, il diavolo della strega sostituisce la moltitudine immensa e diversificata di diavoli che avevano popolato Medio Evo e Rinascimento, e sostituisce anche, come divinità principale adorata dalle streghe, quella figura femminile (Diana, Erodiade, la fassiana "signora del zogo") il cui culto era diffuso in ogni angolo d'Europa6.
La donna immagine del demonio
La posizione cristiana sul ruolo della donna era ben chiara fin dall’inizio: Paolo, nella lettera ai Corinzi, raccomanda che debba
ben accudire alla casa, attenendosi alla norma della sottomissione e a essere assai prudenti [...] rendano palese la moderazione della loro lingua mediante il silenzio7…Le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la Legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea8
D’altra parte, non si può trascurare il fatto che il cristianesimo derivi dall’ebraismo, in cui la componente femminile è gravemente discriminata, totalmente esclusa dalla pratica religiosa e non può neppure entrare nella sinagoga. Altra influenza di cui la nuova religione fece tesoro, fu l’intera dottrina filosofica greca, che vedeva nella donna e nella materia che a lei era associata soltanto elementi che allontanavano dalla contemplazione del trascendente. Nessuna donna è mai potuta diventare né vescovo, né papa; ed anche chi ha potuto predicare, ha potuto parlare per poco.
Nel periodo successivo al II secolo il cristianesimo iniziò a integrarsi nella società greco romana del tempo. In molti pensatori si affermava l’idea di vivere in un mondo corrotto e in una società immorale. La sessuofobia si inasprì e molte posizioni, anche se formalmente considerate eretiche, di fatto si affermarono o penetrarono nel pensiero cristiano e condizionarono le azioni e le idee fondanti della Chiesa. Per esempio due pensatori, Montano ed Origene, furono considerati eretici, ma professavano teorie che, in qualche modo, furono accolte anche in sedi ortodosse. Montano si esprimeva a favore della continenza assoluta, del martirio, e proponeva la creazione di una chiesa carismatica in contrasto con l’autorità dei vescovi e lo stato. Anche Origene sosteneva un rigido ascetismo (che lo spinse anche ad autoevirarsi) e affermò l’idea che l’attaccamento alla materia costituisse qualcosa di male. Tertulliano, che fu uno dei padri fondatori della Chiesa, considerava la donna più o meno un essere demoniaco. Riguardo il ruolo paritario assunto dalle donne nelle prime comunità cristiane, affermava:
Queste donne eretiche, come sono audaci! Non hanno modestia, sono così sfrontate da insegnare, impegnarsi nella disputa, decretare esorcismi, assumersi oneri e, forse, anche battezzare!: Non è permesso che una donna parli in chiesa, né è permesso che insegni né che battezzi, né che offra l'eucaristia, né che pretenda per sé una parte in qualunque funzione maschile, per non parlare di qualunque ufficio sacerdotale9
Con l’editto di Milano del 313 promulgato dall’imperatore Costantino, il cristianesimo può diffondersi liberamente in tutto l’impero. Nel 391 l’imperatore Teodosio la impone come religione di stato. A quel punto, la separazione e la sottomissione delle donne agli uomini nelle comunità cristiane, organizzate come le sinagoghe, è fatta e compiuta. Il sogno di libertà delle cristiane durò poco: forse lo spazio di una generazione.
La condizione della donna e la demonizzazione del sesso e del piacere procedettero a tappe forzate. Alla fine del IV secolo, gli sposi cristiani dell’alta società si proponevano di votarsi alla perfetta continenza dopo aver ottemperato al dovere della procreazione nei confronti della propria famiglia10.
La morte sul rogo o per fustigazione era la punizione prevista per la donna libera che si univa al proprio schiavo, per un cristiano che si univa ad un’ebrea, o viceversa, e per tutti coloro che si unissero con barbari11.
1. Peter Dinzelbacher, La divinità uccidente, in AA.VV., Il trionfo della morte e le danze macabre, atti del VI convegno internazionale di Clusone dal 19 al 21 agosto 1994, Presservice 80, Rovetta (Bg), 1997, p. 455-470
2. Leslie Fielder, Freaks, Milano, Garzanti, 1982, p. 153-155.
3. Ludovico Maria Sinistrari D'Ameno, Daemonialitas, Vicenza, edizioni Rahu, p. 36, 38, 84-85
4. Danilo Arona, Gian Maria Panizza, Satana ti vuole, Milano, Corbaccio, 1995, p. 46
5. Danilo Arona, Gian Maria Panizza, Satana...cit., p. 64-65.
6. Silvia Federici, Leopoldina Fortunato, Il grande calibano, Milano, Angeli, 1984, p. 81-82
7. Paolo di Tarso, Lettera ai Corinzi, I, 1 e XXI, 7
8. Ibidem, 14, 34-35
9. Tertulliano, De virginibus velandis, 9
10. AA.VV., Storia delle donne. Vol. I cit, Aline Rousselle cit, p. 323
11. AA.VV., Storia delle donne. Vol. I cit, Aline Rousselle cit, p. 361