I numeri
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In numeri e il mondo
Qual è la loro natura ancestrale?
di Luca Calabrò - SECONDA PARTE
Quello che gli archeologi chiamano 'pensiero simbolico' oltre che nella statuaria (Veneri preistoriche uomo-leone di Ulm ecc.) si mostra in una così ancestrale lontananza attraverso il numero e il calcolo che si fanno sensazione concreta.
Avventurosamente verrebbe da pensare che tutto ciò che segue, in merito alle realizzazioni intellettuali e pratiche dell’umanità, non sia che il naturale sviluppo implicito in tutto questo. Ciò lega, in qualche modo attraverso un enorme balzo temporale, una notte dei tempi, difficilmente leggibile nel suo complesso, al presente, e lo fa attraverso il numero. Il numero appare non solo termine astratto ma, come appare evidente soprattutto oggi, attore del 'processo storico'. Questo in un’epoca come la nostra, pervasa dal pensiero e dall’operatività digitali, è un lampo che illumina la continuità nella varietà di tale processo. Questo agire del numero oscilla sempre fra l’astratto e il concreto, tra il discorso generale e l’attività puramente strumentale come fra due modalità dell’essere.
Il campo semantico preso in considerazione all’inizio mostra anche il potere costruttivo del numero. Il numero costruisce forme astratte e concrete, si potrebbe quasi dire che qualsiasi articolazione implicita nell’idea di forma, astratta o concreta, contenga o sia contenuta in un insieme semantico che fa riferimento al numero. Tutta la storia dell’architettura potrebbe essere chiamata a testimonianza, ad esempio il rapporto fra le singole parti o fra le parti e il tutto di un edificio.
architetura gotica
L’architettura gotica ha la nitidezza che mostra cosa sia l’articolazione dello spazio e la musica polifonica occidentale, che nasce nelle scuole annesse alle cattedrali, cosa sia l’articolazione del tempo. Le cattedrali sono la testimonianza di un’epoca di grande fervore civile e intellettuale, che non ha nulla da invidiare al nostro rinascimento, le forme del gotico si prolungano molto avanti nel tempo, ma sorgono nel dodicesimo secolo intorno all’attività di vari intellettuali, in particolare dell’abate Suger di Sait Denis a nord di Parigi. In un celebre saggio, lo storico Panofsky individua similarità tra la struttura del pensiero attorno a cui si organizzano le summae della filosofia scolastica e la struttura delle cattedrali. L’aspetto interno ed esterno di una cattedrale gotica, con lo sviluppo quasi vegetale delle strutture portanti, come una ramificazione continua, ricorda molti diagrammi ad albero usati in vari testi medievali di filosofia, mnemotecnica, e teoria musicale. Ciò che colpisce del gotico è che a differenza di altri stili più compositi fatti da diversi elementi assemblati come, colonne, trabeazioni, metope, timpani ecc., vi si trova una linearità estrema. Sembra che qualsiasi struttura gotica si possa ridurre alla ripetizione continua secondo moduli proporzionali di un unico elemento, il sesto acuto prolungato nelle colonne e nelle nervature. Un enorme diagramma ad albero che appare anche nella visione in pianta delle cattedrali. Un modulo che cresce secondo ripetizione proporzionale. La stessa struttura che si ramifica in classi, speci ecc.
Panofsky la individua nella Summa Teologiae di Tommaso, che si espande a partire dalla disquisizione sull’esistenza di Dio.
Identica propensione all’articolazione di moduli ritmici e melodici (colores) si vede nella grande polifonia della scuola di Notre Dame e nei mottetti isoritmici della successiva Ars-nova sempre francese. Lo sviluppo successivo a partire dall’uno: «Per insieme finito intendiamo un insieme M generato da un elemento originario assegnato, mediante addizioni successive, in modo che, all’inverso, con un percorso di successivo allontanamento, nell’ordine opposto, si possa ritrovare l’elemento iniziale». Questa frase è di Georg Cantor uno dei più grandi matematici del diciannovesimo secolo nonché uno dei fondatori della teoria degli insiemi. La frase è una delle definizioni del processo di formazione e della struttura di un insieme finito. Questa considerazione cade in analogia perfetta con il pensiero costruttivo della metafisica medievale che si incarna nell’arborescente crescita delle cattedrali gotiche e nella crescita per sequenze additive, o secondo divisione e moltiplicazione della polifonia.
A distanza di millenni dalle sequenze di incisioni e dai flauti del paleolitico il pensiero legato al numero e alle sue dinamiche si fa ancora spazio e suono. Se l’enumerare in sequenza additiva appare - come nella Teogonia di Esiodo - l’atto che porta il mondo all’essere - così individua il matematico Zellini - il campo semantico, con cui ho iniziato l’articolo, mostra come il mondo venuto all’essere si articola e si interpreta secondo il numero e le sue modalità. Modalità che con l’algebra moderna, l’analisi, e gli sviluppi rapidissimi della scienza, secondo la modellizzazione dei fenomeni permessa dall’informatica, hanno costruito il mondo in cui viviamo. Mondo che insieme alla potenza tecnologica produce anche l’altra faccia della nostra realtà, faccia che tutti abbiamo sotto gli occhi. E qui sorge un altro problema legato al pensare il numero: quello del limite e dell’illimitatezza.
La potenza tecnologica unita a una pseudo razionalità di ordine economico - sorta a partire dall’organizzazione produttiva implicita nei trattati d’abaco tardo medievali e rinascimentali - producono il 'dogma' della crescita infinita per altro su un pianeta, come tale finito. Lo scorso 2 agosto è caduto l’overshoot day, il termine annuo in cui ha termine la capacità del pianeta di rigenerare le risorse consumate. A questo si contrappone il pensiero del numero come visione complessiva del mondo e dell’uomo, che regola le strutture d’ordine della ritualità antica e che mostra l’utilizzo dell’idea di numero per pensare l’equilibrio razionale dell’esistenza. Il numero cresce e diminuisce, produce ordini esatti e ambigui, il nostro campo semantico finiva con la diade essere-non essere che sintetizza un orizzonte ultimo insito nei processi del numero e nella struttura ricorrente del tempo.
Per concludere propongo due ascolti, uno legato alla scuola di Notre Dame e uno molto interessante e originale di un brano di Iannis Xenakis, il compositore che più di tutti nel ’900 ha utilizzato modelli matematici nell’invenzione di forme sonore. Della scuola di Notre Dame si è già parlato e l’ascolto chiarirà ulteriormente la natura delle forme sonore. Xenakis di origine greca e per vari anni collaboratore come ingegnere di Le Corbusier, è profondamente legato al pitagorismo e alla filosofia pre-socratica, in questo brano, pithoprakta - che si potrebbe tradurre con azioni probabilistiche - organizza la massa sonora di circa 50 strumenti ad arco secondo le leggi statistiche che descrivono vari fenomeni naturali, come la definizione termodinamica di gas e insiemi complessi (l’ esecuzione proposta ha anche un’animazione grafica che mostra il movimento dei suoni). Nasce così un brano di un naturalismo quasi primordiale, che ci riporta all’antica visione di Pitagora del numero come fondamento del mondo.