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L'inizio
editoriale | Il potere di un buon incipit
«L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. Quando manca questo senso – prigione, malattia, abitudine, stupidità, – si vorrebbe morire.»
Cesare Pavese
«Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia.»
Goethe
«Il tempo non ha divisioni per segnare il suo passaggio, non c’è mai una tempesta di tuoni o squilli di trombe per annunciare l’inizio di un nuovo mese o anno. Anche quando inizia un nuovo secolo siamo solo noi mortali che suoniamo le campane e spariamo a salve.»
Thomas Mann
«L’inizio è la parte più importante del lavoro.»
Platone
Così come nei romanzi anche le relazioni sono fatte di inizi, le prime battute, i primi sguardi, i primi pensieri che spingono la curiosità verso l’altro, le prime emozioni che portano a reazioni positive o negative, alla decisione di continuare a conoscere qualcuno o ad allontanarsene il prima possibile. La storia di un’amicizia o di un amore può nascere sui banchi di scuola, nell’ambiente di lavoro, in viaggio o a casa di amici, ma anche al supermercato o persino sul web, anzi, togliamo quel 'persino' perché probabilmente il web oggi va per la maggiore soprattutto tra i giovanissimi.
L’iniziale attrazione nasce come una spinta spontanea, un interesse particolare, esclusivo e ognuno mette in campo il meglio di sé perché anche l’altro provi la medesima attrazione. Invece in un libro è lo scrittore l’unico corteggiatore nel rapporto con il suo lettore e sa bene che dall’incipit del romanzo dipende spesso l’esito della relazione perché chi legge può percepire qualcosa che non è in sintonia con le sue richieste più intime, di quel momento, e può chiudere il libro per sempre. Lo scopo di chi scrive è che il lettore, aprendo la prima pagina per gustarsi le prime righe, si faccia sedurre dopo pochi passi e quindi si affidi allo scrittore per intraprendere un nuovo itinerario che può aprirsi su panorami inaspettati e piacevoli.
Sicuramente l’incipit non è l’elemento narrativo che sancisce la bontà di un’opera letteraria, come spesso l’inizio di una conoscenza non ne garantisce una positiva conseguenza, ma è fondamentale per catturare chi legge come una salda stretta di mano perché spesso dall’incipit dipende almeno la scelta di continuare a leggere oppure no. Se infatti nasce l’interesse a proseguire e a farsi accompagnare in un altro mondo, allora l’autore e il lettore hanno stipulato un tacito accordo di fiducia e di intenti.
E per redigere un buon incipit si sono scervellati molti esperti con consigli e strategie più o meno efficaci, così come innumerevoli psicologi ci insegnano come iniziare una relazione in modo efficace: si parla quindi di finalità, identificazione di target, strategie, azioni, capacità di valutazione, senza considerare tutta la fase che precede addirittura l’incipit stesso, cioè quella di ricerca e analisi. Tutti aspetti che possono essere riciclati anche per affrontare un progetto lavorativo, tablet o penna alla mano. Tutti aspetti che tuttavia restano sterili se la fantasia, la generosità e l’entusiasmo mancano, se la paura e la noia prendono il sopravvento.
Cominciamo in medias res, come ci insegnava Orazio riferendosi all’arte narrativa di Omero che iniziava il racconto ad avvenimenti già in corso, cioè «nel mezzo della cosa». In questo caso l’inizio è un punto intermedio della vicenda che parte da un’azione già in pieno svolgimento. Il lettore si chiederà quindi come è arrivato a quel punto della storia e la sua curiosità lo porterà a seguire la trama per svelarne il mistero.
Ci sono altri tipi di incipit, alcuni romanzi partono persino dal finale, ma quello classico è definito ab ovo, in latino «dall’uovo», dalle origini, cioè quello in cui il principio della storia narrata segue un preciso ordine cronologico e quindi parte da quella che lo scrittore ha stabilito essere la genesi di tutti gli eventi che si andranno a dipanare seguendo una linea temporale.
E un incipit originale che abbiamo letto non si dimentica, come quello di uno dei miei scrittori preferiti, Italo Calvino, che nel suo geniale «Se una notte d’inverno un viaggiatore» ci sorprende con una lunga digressione metaletteraria, un gioco di scrittura davvero unico:
Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo «Se una notte d’inverno un viaggiatore» di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo più forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!». O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace. Prendi la posizione più comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato. Coricato sulla schiena, su un fianco, sulla pancia. In poltrona, sul divano, sulla sedia a dondolo, sulla sedia a sdraio, sul pouf. Sull’amaca, se hai un’amaca. Sul letto, naturalmente, o dentro il letto. Puoi anche metterti a testa in giù, in posizione yoga, Col libro capovolto, si capisce. Certo, la posizione ideale per leggere non si riesce a trovarla.