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La paideia e l’iniziazione
Abbiamo perso l’esperienza indicibile interiore
di Luca Calabrò
«Paideia» - l'educazione nell'antica Grecia
Gioventù, crescita, formazione, scopo, senso: sono le prime parole che mi sono venute in mente riflettendo sul termine 'insegnamenti' e subito dopo un’importante termine greco che ne è in qualche modo la sintesi, «paideia»: l’educazione dei giovani.
La paideia è l’educazione dei giovani sia in senso morale che fisico. Il dizionario ne amplifica l’immagine: educazione in senso fisico, ma per gli Spartani anche l’educazione dei Lacedemoni, una dura educazione, ma anche esperienza e in senso più generale, nell’Ellade classica, cultura, conoscenza delle arti liberali e disciplina. Una formazione integrale dell’individuo e della sua coscienza, non fine a se stessa ma finalizzata, in ultimo, alla costruzione e alla solidità del corpo sociale.
Nella paideia si concretizza cioè l’immagine che una società ha di sè. La formazione e gli insegnamenti hanno un valore politico, anzi la politica inizia dalla paideia. Naturalmente all’interno dello stato o delle formazioni sociali - molto varie delle società tradizionali - le diverse membra o classi, in cui si articolava l’insieme, declinarono gli insegnamenti in vario modo, ma più tendenti alle arti pratiche - che comunque avevano anche un valore etico, spirituale - o più verso le attività intellettuali o religiose.
Credo, d’altra parte, che nell’ampio spettro di paradigmi d’insegnamento che la storia mostra vadano inseriti i riti di iniziazione, esperienza profonda del sé, passaggio rituale alle fasi successive dello sviluppo individuale. Vale la pena di soffermarsi su certi aspetti del fenomeno, anche perché il rito iniziatico è qualcosa che l’attuale ordine dell’individuo sente assai lontano.
Molte società che individuiamo, forse erroneamente, come tribali, ma anche società più evolute, vedono lo sviluppo dell’individuo come morte del vecchio e sorgere del nuovo. La fenomenologia dell’iniziazione è qui. È interessante osservare che questo insegnamento avviene come esperienza profonda, extraverbale e solo successivamente all’esperienza indicibile il linguaggio prova a fermare alcuni punti, ma sempre a livello simbolico.
Tracce di tutto ciò restano per esempio nella vastissima produzione della fiaba di magia. Lo schema classico che ci aiuta nella comprensione è quello di Propp: situazione iniziale con condizione critica, danneggiamento, incontro col donatore di strumenti magici, incontro con un aiutante, viaggio verso il reame in capo al mondo e vittoria sul cattivo, ritorno. Chiedo scusa della semplificazione dell’articolatissimo schema di Propp. Le varie immagini: dell’ingresso nella foresta, del castello del regno lontano o della casa abitata dalla strega sono le varie metamorfosi di un luogo iniziatico per eccellenza, «il regno dei morti».
La paura è dunque una modalità di insegnamento declinata come viaggio e scoperta. Con ciò si chiarisce una possibilità che ci appare molto lontana e indecifrabile dell’insegnamento, l’insegnamento extraverbale, che ci appare un controsenso dopo millenni di pensiero 'positivo' occidentale a partire dalla filosofia greca e in particolare dalla paideia socratica. Ma questo tipo di insegnamento costituisce un momento fondamentale di molte tradizioni: in Oriente per esempio soprattutto attraverso il vero e proprio silenzio fatto solo della presenza quasi 'magica' del maestro e dei suoi atti oppure con un uso minimo e densissimo del linguaggio attraverso gli aforismi. Nella Cina antica ai discepoli che gli chiedevano chiarimenti riguardo al suo desiderio di trasmettere insegnamenti senza dire nulla, Confucio rispondeva: «Il cielo forse parla? Le quattro stagioni seguono il loro corso, tutti gli esseri ricevono la vita, e tuttavia il cielo forse parla?». Segno questo di un’esperienza che avviene a livello più alto e più profondo della normale e centrifuga coscienza dialettico-discorsiva.
In questa prospettiva, chiaramente iniziatica, che ha trovato anche in Occidente un suo ruolo, si possono individuare molteplici tradizioni come il Taoismo che usa espressioni forti come «vomita la tua intelligenza» per segnare la soglia oltre la quale la parola e l’intelligenza dialettica comune non hanno più giurisdizione.
Nswag, dinastia qing, gli otto immortali del taoismo
Ad Atene, nell’epoca della filosofia ellenica classica dominata dalla triade Socrate, Platone, Aristotele, sotto la quale si consolida il modus operandi degli insegnamenti che strutturano il pensiero occidentale, trova spazio anche un’altra via di insegnamento che pare convivere bene, negli stessi luoghi e tempi, con l’intelligenza logico-discorsiva: sono i riti misterici nel santuario di Eleusi consacrato a Demetra, madre di Persefone, divinità infernale cioé di tipo ctonio.
Il legame iniziatico con l’aldilà è chiaro. In cosa consistessero i riti eleusini - grandi misteri - aperti solo agli iniziati non ci è giunta descrizione precisa; il silenzio misterico è stato ben conservato.
Vi sono solo ipotesi, ma tutto ruota attorno a una parola 'epopteia' = contemplazione. La radice della parola è la stessa di quella del verbo vedere e indica una visione estatica e silenziosa, culmine dei riti di iniziazione.
In quell’epoca nello stesso luogo convivevano, con eguale autorità, il pensiero logico, fondato sulla definizione delle modalità esteriormente verificabili del ragionamento, base dei successivi sviluppi del canone filosofico occidentale e l’esperienza indicibile interiore. Che una societá evoluta veda ambedue le potenzialitá della mente come perfettamente integrabili è un segno di potenzialità di evoluzione dell’individuo che oggi ci sono fatalmente sottratte. Sono l’accesso a un grado superiore di libertà dell’uomo.
Lo stesso Aristotele, uno dei fondatori della logica occidentale, ritiene la visione misterica, cioé l’Epoptica, il grado più alto della filosofia. Vale la pena di citare alcuni 'scolia' ad Aristotele che chiariscono da soli questo punto di vista essenziale che la nostra società ha irrimediabilmente perso. «… l’insegnamento e l’iniziazione. Il primo è raggiunto dagli uomini per mezzo dell’udito, la seconda perché la mente stessa subisce l’illuminazione. Ciò fu anche chiamato da Aristotele di tipo misterico e simile all’iniziazione di Eleusi (dove infatti chi veniva iniziato alle visioni riceveva un’impronta ma non un insegnamento)».
E ancora «... il pensiero dell’intellegibile, puro e semplice, attraversa l’anima balenando come un lampo, offrendo talora per una sola volta l’opportunità di toccare e di contemplare. Perció Platone e Aristotele chiamano ‘epoptica’ questa parte della filosofia, perché chi ha toccato la pura veritá del principio semplice e immateriale ritiene di possedere, come in una iniziazione, il fine ultimo della filosofia».
Tutto chiarissimo. Viene quindi ancora una volta da mettere a confronto queste modalità 'aumentate' dell’essere uomini con l’esserlo nella società attuale. L’individuo odierno non le possiede e neppure ne immagina l’esistenza. La monodimensionalitá dell’individuo artefatto odierno svela subito la pluridimensionalità dell’«Uomo reale», per usare una celebre espressione del Taoismo. Oggi prevale la furia quantitativa delle immagini: si tratta sempre di una visione, ma esteriorizzata e lontana dalle più profonde istanze della coscienza. Si confronti per esempio l’immaginario della storia dell’arte e quello di gran parte dei mezzi di comunicazione di massa. Penso all’arte sacra, al cosiddetto «Vangelo dei Poveri», le scene e le storie della Bibbia che riempiono le facciate delle cattedrali o le decorazioni musive delle chiese, di eccezionale qualità estetica, come per esempio quelle del Duomo di Monreale, usate per narrare il sacro agli analfabeti.
L’arte insegna, è parte della Paideia, la vera estetica induce sempre un ethos dell’individuo, svelandogli varie modalità dell’essere. Immagini ieratiche contrapposte alla frivolezza inconsistente dei prodotti massmediatici. È in gioco in queste differenti modalità di insegnamenti non solo il singolo individuo e la sua libertà interiore, ma il senso stesso e la consistenza dell’intera società.