Paesaggio da virus

Dobbiamo tornare alla terra per vincere la paura

di Michela Zucca - SECONDA PARTE

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foto: futuroprossimo.it

«Deserto agronomico»: con queste parole viene definito il paesaggio creato dall’agroindustria in gran parte della terra piatta del pianeta.

La situazione in Cina

Se guardiamo alla Cina, la situazione, se possibile, è ancora peggiore.

Dal 1980 al 2010 l'industria cinese del bestiame ha subito il più grande aumento riscontrato a memoria d’uomo. L’alimentazione, da prevalentemente cerealicola (la gente normale consumava carne quasi soltanto una volta all’anno, durante il festival di Primavera, altrimenti era razionata), è diventata su base proteica e quindi carnea; e questo cambiamento è stato appoggiato dal governo con ogni mezzo a disposizione. Il consumo medio pro capite di carne, latte e uova è aumentato di 3,9, 10 e 6,9 volte, rispettivamente, tra il 1980 e il 2010, ed è stato di gran lunga il maggiore aumento durante questo periodo nel mondo. All'inizio degli anni novanta, la Cina ha superato gli Stati Uniti e l'Europa come il più grande produttore mondiale di bestiame.

Anche le funzioni del bestiame sono cambiate. Prima della transizione, gli animali domestici avevano molteplici funzioni; fornivano energia  (per esempio per il traino, il trasporto, l’azione di macchine meccaniche…), utilizzavano i rifiuti domestici e producevano il concime per fertilizzare le terre coltivate, accanto alla fornitura di proteine con la macellazione e il consumo alimentare. Tra il 1980 e il 2010, la fornitura di proteine animali è diventata molto più importante, facilitata da programmi di allevamento e dalla maggiore disponibilità di alimenti per animali di importazione. La maggiore disponibilità di fertilizzanti sintetici sovvenzionati ha reso inutile, troppo difficile e lento da usare il letame animale per fertilizzare i terreni coltivati, mentre le piccole macchine a trazione animale sono state sostituite.

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Una grande transizione, con profondi effetti sulla fornitura di cibo nazionale e globale, sull'uso delle risorse, sulle perdite di azoto e fosforo e sulle emissioni di gas serra (GHG). Il numero di unità di bestiame è triplicato in Cina in meno di 30 anni, principalmente attraverso la crescita dei sistemi di produzione di bestiame industriale senza terra e l'aumento del bestiame monogastrico (dal 62 al 74% del totale dei capi di bestiame). I cambiamenti sono stati alimentati da aumenti della domanda, dall'offerta di nuove razze, nuove tecnologie e dal sostegno del governo. La produzione di proteine di origine animale è aumentata di 4,9 volte. Nello stesso periodo, le importazioni di mangimi sono aumentate di 49 volte, le emissioni totali di ammoniaca e gas serra nell'atmosfera sono raddoppiate e le perdite di azoto nei corsi d'acqua triplicate. I liquami invece di essere trattati, venivano semplicemente riversati nei corsi d’acqua, e invece di letame si è cominciato ad usare concime chimico importato.

Come si può vedere dalla figura, la regione di Wuhan in trent’anni ha raddoppiato la quantità delle bestie presenti sul territorio, ed è circondata da zone in cui la quantità di animali è anche più che quadruplicata. Fra l’altro, il governo cinese ha appoggiato la costruzione di grandi allevamenti 'senza terra' alla periferia delle megalopoli per facilitarne il trasporto sui mercati di consumo[6].

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foto: nypost.com

Non basta, recentemente gli scienziati dello Scripps Research Institute hanno pubblicato un'analisi di sequenziamento genomico del virus SARS-CoV-2 sulla rivista Nature che solleva maggiori dubbi sulla possibilità che SARS-CoV-2 sia nato nel mercato ittico di Wuhan[7]. La provincia di Hubei, dove si trova Wuhan, è uno dei primi cinque maggiori produttori di maiali in Cina. Nell'ultimo decennio, i piccoli allevamenti di suini nella provincia sono stati sostituiti da grandi allevamenti e operazioni di contratto di medie dimensioni, dove centinaia o migliaia di suini geneticamente uniformi sono confinati in stalle ad alta densità. Queste aziende agricole industriali sono il terreno fertile ideale per l'evoluzione di nuovi agenti patogeni.

Gli allevamenti di suini della fabbrica di Hubei si stanno ancora riprendendo da un massiccio scoppio di peste suina africana che ha colpito la provincia e altre parti della Cina poco più di un anno fa, spazzando via fino alla metà del branco nazionale 14. In queste condizioni, è del tutto possibile che un focolaio di un nuovo coronavirus tra i suini della provincia possa passare inosservato[8].

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Densità del bestiame a livello provinciale in Cina nel 1980 e nel 2010 (LU = unità di bestiame).

 

La normalità non tornerà e dovremo abituarci

E sempre più, cercano di convincerci che la normalità non tornerà, che dovremo abituarci al virus, e che il futuro si presenterà così: 

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[9]

In poche parole, un’alternanza fra periodi in cui potremo uscire (un terzo del tempo) e altri in cui dovremo rimanere blindati in casa, con un controllo sociale fortissimo, giustificato in base alla necessità di tenere «al sicuro gli elementi più fragili». Il disegno è stato pubblicato prima da uno degli organi di Confindustria e adesso sta raggiungendo il grande pubblico attraverso i media mainstraming: il grafico lo hanno spiattellato su tutti i telegiornali. Il sogno del capitalismo si sta realizzando: perché, a differenza di altre epidemie in cui l'«immunità di gregge» ad un certo punto diventava necessaria, oggi, quanto meno per i paesi 'evoluti', sono disponibili presidi tecnologici e metodologie di produzione che verrebbero rese obbligatorie per continuare i privilegi dei ceti dominanti (e inquinanti) prendendo a scusa la sopravvivenza della gente comune (che dovrà produrre per i soliti noti) in nome della 'sicurezza', questa volta non più politica, ma sanitaria… Il grafico è stato elaborato all’Imperial College in Gran Bretagna, diffuso una prima volta su Milano Finanza e finalmente sdoganato per il grande pubblico dalla giornalista Giovanna Botteri il 24 marzo 2020 durante la popolarissima trasmissione «Chi l’ha visto». In diretta da Wuhan, la nostra corrispondente ha affermato che i cinesi non hanno riaperto le scuole perché attendono una nuova montata dell’epidemia ad agosto, e che il nostro futuro si presenterà 'a onde'.   

In tutta la vicenda, anche quando si riconosce che il virus è di origine ambientale, nessuno, neanche i giornalisti più progressisti, parla della necessità di cambiare il modello di produzione. Il massimo che si riesce a chiedere è un 'reddito da quarantena'. Ma come si può pretendere di uscire di casa quattro mesi all’anno e secondo i capricci del virus, e non secondo i ritmi della natura? Non si può seminare quando si vuole, scusate, quando il virus lo permette.

Perché per avere una futura politica agricola che non danneggi l'ambiente ci vuole prima di tutto molta più gente che lavori la terra: oggi chi lavora in agricoltura è l'1,8% della forza lavoro. Ovvio che abbia bisogno di 'aiuti chimici' e delle peggio cose, che inquinano e provocano virus. Chi lavora la terra deve preparare da mangiare per quelli che stanno in ufficio a fare per lo più cose improduttive anzi dannose per l’ambiente, e a pretendere di creare denaro col denaro. Ma i soldi, notoriamente, non si mangiano né scaldano le case.

buffalo 1822581 1200Per avere un'agricoltura non impattante ci vorrebbe più o meno il 50% della forza lavoro che si sporchi le mani. E che rinunci all'idea del 'lavoro' come fino ad ora gran parte della gente si è abituata ad avere: niente più otto ore cinque giorni la settimana, ferie e festività. Lavorare in agricoltura vuol dire - soprattutto in estate - lavorare da quando esce il sole a quando tramonta, tutti i giorni. Quando hai finito il lavoro di produzione dei beni comincia quello della lavorazione e conservazione - perché in inverno si produce poco - e questo lo devi fare immediatamente. Questo succede in ogni giorno dell'anno se hai bestie (pazienza a quelle si può rinunciare ma diventi vegano, passi, scelta personale: chi vuole la carne se l'alleva, se la macella, se la lavora e se la mangia). Vuol dire fare lavori 'sporchi' che puzzano. Vuol dire seguire i ritmi della natura non i nostri: per esempio, la legna si fa in inverno, quando fa freddo, perché gli alberi sono più secchi. E che non mi si parli di 'turni' o di 'rotazioni': ci sono, ci sono sempre stati, ma nel senso che quando c'è un lavoro particolarmente duro o spiacevole,

TUTTI collaborano, non Qualcuno lavora e Altri riposano per garantire ferie e riposo settimanale. Dobbiamo essere pronti noi a tornare alla terra. Altrimenti ci toccherà vivere rinchiusi per paura del prossimo virus.

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[6]   Per ulteriori approfondimenti: La transizione del bestiame in Cina: forze trainanti, impatti e conseguenze della zootecnia in Cina (1980-2010) 
advances.sciencemag.org/content/4/7/eaar8534

[7] Kristian G. Andersen, Andrew Rambaut, W. Ian Lipkin, Edward C. Holmes e Robert F. Garry, ""The proximal origin of  SARS-CoV-2", Nature Medicine, 17 marzo: www.nature.com / articoli / s41591-020-0820-9

[8] New research suggests industrial livestock, not wet markets, might be origin of Covid-19. grain.org/e/6437?fbclid=IwAR2hIdAyWdbneV1wQV7SVRrXAG2cT4CtvM1w_6-VJSz95FBiXdp3jGJhvz4

[9] www.imperial.ac.uk/media/imperial-college/medicine/sph/ide/gida-fellowships/Imperial-College-COVID19-NPI-modelling-16-03-2020.pdf

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