- Categorie: Il male sei in Musica
Musica maledetta (maledetta musica!)
Il male nella musica: l’assenza stessa della musica
La scienza, in sé, non può essere negativa. Per la fisica il suono è un’oscillazione compiuta da particelle in un mezzo.
Onde sonore unite tra loro per creare un fenomeno naturale molto ben definito e studiato. Ma si rischia di rientrare in una visione troppo asettica, che ovviamente non corrisponde alla realtà delle cose. Il male nella musica potrebbe essere l’assenza stessa della musica. Ascoltare la musica (se così si può definire) che spesso viene diffusa in etere, in video e con altri metodi, fa spesso venir voglia di cancellare quella musica. Anche i silenzi e le pause sono musica, soprattutto i silenzi da certi orrendi suoni.
John Cage ce lo ha spiegato molto bene nella sua composizione «4' 33''». Quattro minuti e trentatrè secondi di silenzio, in tre movimenti. Il musicista in questa performance è comunque presente, davanti ad un pianoforte, e gira le pagine di uno spartito. Da sentire, perdonatemi la battuta. In realtà John Cage con questa sua creazione voleva evidenziare il suono delle cose, il suono del mondo, comunque sempre presente nonostante nessuno stia suonando. Stabilito che il silenzio e l’assenza di suono musicale può non essere necessariamente il male della musica stessa, cosa può essere la negatività assoluta nelle vite di musicisti? L’uso di sostanze stupefacenti o di alcool? Qualcuno dice che ciò spesso ha aiutato nella creatività. Può essere, ma una cosa è certa: l’abuso di alcool e droga nell’ambito di vite border line ci ha privato precocemente di artisti che molto avrebbero potuto ancora darci, in termini di capolavori creativi e delizie per il nostro udito.
Non esiste nessuno strumento musicale negativo in sé, ma il basso è lo strumento che nell’esecuzione musicale è sempre il più discreto, il meno violento. Sempre o quasi. La storia di Jaco Pastorius, genio e sregolatezza assoluti, la dice lunga su quanto la vita di un musicista e del suo strumento possano viaggiare su binari paralleli ma assolutamente diversi l’uno dall’altro. Così come l’esistenza di Jaco è stata maledetta e travagliata, così il suo suonare il basso può essere celestiale capolavoro (ascoltate il brano “Continuum”) o può diventare suono stordente e violento (su Youtube Jaco Pastorius solo live in Germany, concerto tenuto ad Offenbach il 29 settembre 1978).
John Francis Anthony «Jaco» Pastorius III nacque nel 1951. «Sir», si sarebbe potuto aggiungere a cotanto appellativo se fosse stato inglese. Ma era americano, nato a Norristown in Pennsylvania. Iniziò suonando la batteria, ma una frattura al polso rimediata a tredici anni lo costrinse a cambiare strumento. Se non fosse successo ciò, non avremmo avuto uno dei più grandi bassisti della storia, molti dicono il più grande. Completamente autodidatta, con il suo basso senza tasti, ha cambiato il modo di suonare questo strumento. Innumerevoli le sue collaborazioni con grandi musicisti, ma sono di rilievo i suoi anni col 'supergruppo' Weather Report. Purtroppo a un certo punto della sua vita si ammalò di sindrome bipolare, malattia amplificata dall’uso della cocaina. Così la sua vita finì in modo atroce e beffardo. Quella maledetta sera dell’11 settembre 1987 Jaco si era recato al concerto del suo amico Carlos Santana salendo sul palco in pieno concerto, dopo un assolo del bassista Alphonso Jhonson, per alzargli la mano come fanno gli arbitri di boxe. Era completamente 'fuori' e fu allontanato dalla sicurezza. Si spostò allora in un locale in periferia di Fort Laudsdale, dove venne brutalmente picchiato da un buttafuori, infastidito dai suoi comportamenti da matto. Fu ricoverato, e dieci giorni dopo i familiari decisero di far spegnere le macchine che lo tenevano ancora in vita. Quanto male in questa vita e in questa morte, ma quanto bene ci ha lasciato la sua musica. Questa è la storia di Jaco Pastorius, ma ognuno conosce e può ricordare vite e musiche di altri artisti tanto geniali quanto 'maledetti'. La lista può essere lunghissima.
Alex DeLarge, il protagonista di Arancia meccanica
Passiamo invece ad una colonna sonora, un commento musicale bellissimo per un film, 'il film' per eccellenza sulla violenza nel mondo moderno: «Arancia Meccanica» di Stanley Kubrick del 1971, musiche di Walter Carlos. Un film su un ragazzo che rappresenta il male assoluto, ma che ama alla follia Beethoven. Prima di cambiare sesso nel 1972 acquisendo il nome di Wendy Carlos, il compositore Walter Carlos fu uno dei primi clienti di Robert Moog, padre dello strumento che prende il suo nome e, quindi, uno degli 'inventori' della musica elettronica. Un’intera generazione ha imparato ad amare la musica classica grazie a questa colonna sonora, in cui vengono reinterpretati in chiave elettronica alcuni brani classici, non solo di Beethoven. Erano tempi in cui la divulgazione di musica 'seria' attraverso la sua elaborazione in ottimi brani 'prog' era all’ordine del giorno. Basta ascoltare il meraviglioso «Concerto Grosso» dei New Trolls (arrangiamenti Luis Bacalov) e «Pictures an exibithion» di Mussorgsky, opera rivista da Emerson, Lake and Palmer. O, per ritornare al tema, la riedizione rock prog sempre a cura dei New Trolls di «Una notte sul Monte Calvo», in cui si rappresenta musicalmente un sabba di streghe.
David Bowie (foto: bbc.com)
Già, a proposito di streghe, abbiamo trattato di follia di musicisti, accompagnata da uso di stupefacenti, e di violenza nella musica, sia essa nella forma di note musicali amplificate e violente che di brani musicali a commento di violenza sullo schermo. Manca giusto la rappresentazione del Maligno, Satana o come lo si voglia chiamare. «Il rock è sempre stata la musica del diavolo… credo che il rock sia pericoloso» diceva addirittura, udite udite, il Duca Bianco David Bowie, in una intervista a «Rolling Stone» del 12 febbraio 1976. Detto da lui... Nel brano «Sympathy for the Devil» dei Rolling Stone del 1968 il diavolo è rappresentato come un ricco e raffinato signore che dice queste cose: «Per favore permettetemi di presentarmi, sono una persona facoltosa e di classe. Se mi incontrate siate cortesi, abbiate comprensione e un po’ di buongusto, siate educati come vi hanno insegnato. Altrimenti disporrò che la vostra anima sia dannata». Questo brano suscitò critiche da tutti i movimenti di fondamentalismo religioso, e modificò nettamente la percezione che gran parte del pubblico aveva di questa band. Keith Richard così si espresse nel corso di un’intervista ai «Rolling Stone» del 1971: «Prima eravamo solo un gruppo di ragazzi innocenti che volevano solo divertirsi e pensavano che fossimo solo un po’ 'cattivelli'. Ora per l’opinione pubblica siamo malvagi. Ma cos’è il male? Parte di noi. Ora ci sono persone che pensano a Mick Jagger come a un diavolo e altre che lo considerano solo un buon cantante rock. Che altro devono pensare? Ci sono stregoni di magia nera che pensano di essere agenti segreti di Lucifero. Ora molti pensano che noi siamo Lucifero in persona. La realtà è che tutti siamo un po’ Lucifero». Questo pezzo ha il significato di un vero e proprio spartiacque nella produzione dei Rolling Stones.
Durante un’esibizione di questo gruppo all’Altamont Free Concert del 1969, un ragazzo, Meredith Hunter, fu accoltellato proprio sotto al palco da un rappresentante degli Hells Angels, Alan Passaro. Tanto per spiegare a cosa era ormai legata questa canzone da parte della credenza popolare, si era subito diffusa la voce che questo omicidio sarebbe stato commesso mentre suonavano «Sympathy for the devil». In realtà i Rolling in quel momento stavano suonando «Under the tumb». Per la cronaca, Alan Passaro fu assolto in quanto il processo stabilì che fu legittima difesa perché lui stesso aggredito da un drogatissimo Meredith Hunter. Storie complicate fin quasi all’assurdo.
Ai nostri tempi, in cui il mondo è sempre più un 'villaggio globale', per dirla alla McLuhan, esiste un cancro che divora la nostra società e si manifesta in quella che è già stata definita «macchina del fango». La diffusione di informazioni sempre più veloce e capillare e la possibilità di interagire immediatamente gli uni con gli altri porta con sé anche il gossip sfrenato, le fake news, la denigrazione e gli insulti social comodi e gratuiti. I piccoli paesi e la provincia si sono però da sempre prestati al pettegolezzo. Una forma pesante di violenza psicologica che qualche cantautore italiano ha rappresentato qualche anno fa, quando la tecnologia di oggi ancora non esisteva. Quando la prostituta 'Bocca di Rosa' nella celeberrima canzone del 'vate' Fabrizio de Andrè arriva nel «paesino di S.Ilario tutti si accorsero con uno sguardo che non si trattava di un missionario». E allora, »fu così che da un giorno all’altro Bocca di Rosa si tirò addosso l’ira funesta delle cagnette a cui aveva sottratto l’osso». In conclusione la povera Bocca di Rosa sarà allontanata dal paese, anche se la sua partenza verrà trasformata per lei stessa e per i maschi del paese in una contraddittoria, triste marcia trionfale.
La malignità di «quel che dice la gente», e le sue conseguenze spesso nefaste, viene espressa efficacemente anche nella canzone del grande chitarrista e cantautore Ivan Graziani, teramano di nascita e marchigiano di adozione. Nel suo brano «Maledette malelingue» si narra di una pura amicizia tra un uomo adulto e una quindicenne, rapporto che viene però travisato e male interpretato 'dalla gente' con conseguenze drammatiche per entrambi i protagonisti della vicenda. «…Federica ha quindici anni, anche se una donna è, così la gente vede il male, anche dove non ce n’è...», «…oh, maledette malelingue, la gente la distruggerà…». Da ascoltare.
Mai come nella musica, e nell’arte in genere, il concetto tratto dalla filosofia cinese di Yin (nero) e Yang (bianco) trova la sua applicazione pratica. La notte che si trasforma in giorno e il giorno che si trasforma in notte rendono bene l’idea di come spesso le sofferenze e il male di vivere in ogni sua forma si possono tramutare in capolavori che rimangono per sempre stampati nelle nostre menti e nelle nostre orecchie; o per dirla molto più semplicemente, attingendo alla saggezza popolare, sicuramente «non tutto il male viene per nuocere».