Il futuro
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Architettura e design degli anni 60 e 70
La sfida per interpretare e delineare il nuovo
di Alberto Bonacina
Poltrona Kartell di Joe Colombo
Per avere un'idea di quanto siano grandi le aspettative che l'uomo ripone nel futuro basta pensare a quanto la scienza fece per far sì che l'uomo potesse varcare le soglie dell'atmosfera e giungere nello spazio. Questo sforzo richiese un impegno costante e profondo, ma venne ampiamente ripagato: nessuno di noi, oggi, può comprendere che cosa abbia significato per la collettività osservare la prima foto scattata alla Terra vista dalla Luna; il genere umano l'aveva attesa per secoli.
Quale aspetto aveva il nostro Pianeta? Nessuno avrebbe potuto immaginarlo, scoprirlo fu una rivoluzione. Oggi il decennio compreso tra gli anni Sessanta e Settanta è ricordato come l'epoca in cui ebbe inizio l'esplorazione dello Spazio, un'impresa che catturò l'attenzione dei popoli segnando profondamente l'immaginario collettivo: il 21 luglio 1969 più di 500 milioni di persone videro l'astronauta americano Neil Armstrong posare piede sulla Luna. In campo artistico l'entusiasmo generale influenzò le coscienze e diede vita a una quantità inestimabile di progetti, alcuni dei quali ancora oggi si distinguono per qualità e spessore. Ciò che stava accadendo ispirò un'intera generazione di artisti, le cui creazioni riflettevano la fiducia e l'entusiasmo con cui l'uomo guardava al futuro: il design fu uno dei campi che diede i risultati migliori. A più di quarant'anni di distanza oggetti come la Jvc Tv Videosphere Nivico o il futuristico televisore Keraclonic sanno incarnare perfettamente lo spirito dell'epoca e il fascino suscitato da imprese che sembravano impossibili.
L'uomo sulla luna - 21 luglio 1969
Grazie ai designer, gli interni delle abitazioni si trasformarono assumendo l'aspetto di ambienti avveniristici: alla fine degli anni sessanta, le case erano arredate con suggestive lampade le cui forme ricordavano il pianeta Saturno e con televisori che ricalcavano strutture dei caschi degli astronauti. Questi oggetti entrarono nelle case di tutto il mondo; la produzione dei pezzi, infatti, ormai era industriale, non più artigianale e limitata come avveniva solo un decennio prima. Il design visse una stagione memorabile, soprannominata dalla storia "Space Age – Era Spaziale". Molte delle creazioni realizzate in questo periodo, compreso tra il 1961 e il 1974, sono diventate nel tempo oggetti di culto e oggi sono rarità custodite nelle collezioni di tutto il mondo. Tante di queste opere, proposte e vendute volutamente con bassi costi, nacquero dalla penna di progettisti italiani: designer celebri come il milanese Joe Colombo, insignito del Premio Compasso d'Oro nel 1967 e nel 1970, Giotto Stoppino, Vico Magistretti e Gino Sarfatti.
Questi artisti furono i primi a ispirarsi alla "conquista dello spazio"; le loro realizzazioni furono talmente convincenti da essere riproposte nei mercati americani e asiatici, al di fuori dei confini nazionali, promuovendo ancora una volta, nel corso della storia, la vivace genialità compositiva degli italiani. L'entusiasmo che i nostri designer riversarono nei loro disegni si rispecchiò in uno stile esuberante, innovativo al punto da colpire l'immaginazione delle persone e capace di evocare un fantascientifico futuro incredibilmente vicino alla vita di tutti i giorni. Tutto ciò fu possibile perché questi artisti seppero prefigurare il futuro. Elaborarono così un nuovo concetto dell'abitare: prima di allora le poltrone, ad esempio, venivano realizzate in legno, di conseguenza erano assai rigide; proprio per questo, "negavano" quella sensazione di piacere e di comfort che i mobili della'"Era Spaziale", curvi e malleabili perché costruiti con materiali plastici, stimolavano sensibilmente.
Già dieci anni prima della conquista dello spazio, la certezza che l'uomo era destinato e sarebbe riuscito a scoprire nuovi orizzonti permise a uno Stato, il Brasile, di credere e finanziare un progetto inimmaginabile per la vastità delle risorse impiegate: la creazione, dal nulla, di una città nuova: Brasilia. Capitale di una delle più grandi nazioni del mondo, Brasilia è una città di fondazione, termine nato per definire un nucleo insediativo realizzato ex novo sulla base di un preciso progetto urbanistico. Città di fondazione erano sorte anche in Italia, durante il periodo rinascimentale, allo scopo di creare luoghi che, combinando esigenze funzionali e qualità estetiche, valorizzassero l'agire dell'uomo; esempi celebri sono Urbino e Pienza. Tuttavia mai, prima della progettazione di Brasilia, si era arrivati a concepire la creazione di un centro abitato che, sin dalla sua nascita, sarebbe stato una capitale. Fu una sfida raccolta e vinta dal popolo brasiliano: riuscire a costruire, dal nulla, una città progettata affinché divenisse una delle più grandi metropoli contemporanee, oggi popolata da più di tre milioni di abitanti. La città venne edificata nel breve arco di tempo compreso tra il 1956 e il 1960, in soli 41 mesi; immediatamente divenne un punto di riferimento per tutta la Nazione, un polo d'attrazione per il popolo e un centro di richiamo per il lavoro.
Monumento Dois Candangos - Piazza dei tre poteri, Brasilia
Gli italiani, in particolare, conoscono Brasilia perché è legata alla figura di Don Giovanni Bosco, il fondatore della Congregazione dei Salesiani: si narra che nel 1883 il Santo ebbe un sogno profetico riguardante una città futuristica; in seguito si scoprì che la posizione geografica indicata corrispondeva all'ubicazione di Brasilia. Per questo oggi, nella città, vi sono numerosi riferimenti al sacerdote piemontese. La chiesa principale è dedicata a lui, così come l'Eremida Don Bosco, il punto panoramico da cui si osserva tutta la città. Urbanisticamente, la base del progetto della città aveva la forma di una croce. Tale intenzione era fondata, oltre che su motivi religiosi, sull'idea che chi segna un luogo per prenderne possesso delinea sul terreno il segno stesso della croce, due assi che si incrociano ad angolo retto.
L'edificazione di Brasilia è una delle più significative creazioni dell'architettura moderna, il risultato di una grandiosa impresa orchestrata dall'urbanista Lúcio Costa, dal paesaggista Roberto Burle Marx e dall'architetto Oscar Niemeyer. Colpisce il fatto che questi artisti visionari stabilirono nel piano originale che Brasilia fosse perennemente in costruzione. Anche per via di questa avveniristica concezione la costruzione della metropoli venne infine premiata nel 1987 dall'UNESCO con l'iscrizione di Brasilia nella Lista del Patrimonio dell'Umanità. Purtroppo, descrivendo questa grande impresa, non può non essere citata una critica che è stata più volte mossa nel tempo e che, ancora oggi, viene costantemente riproposta: Brasilia è circondata da diverse città, tutte molto lontane dalla capitale, dove abitano le famiglie degli operai che costruirono la metropoli e i lavoratori attirati dal boom dell'espansione.
Gli abitanti di questi centri satellite vivono in condizioni inferiori rispetto a quelle del progetto-pilota; questo perché tutte le risorse finanziarie disponibili furono impiegate per creare le infrastrutture che avrebbero fatto di Brasilia una città all'avanguardia nel panorama mondiale. Tale operazione, tuttavia, si è configurata storicamente nel corso del tempo come un errore poiché oggi la popolazione di Brasilia è inferiore rispetto a quella che vive nelle città circostanti. Ciò alimenta un disagio sempre crescente.
Se ora, giunti a questo punto della lettura, possiamo dire di aver compreso lucidamente le circostanze storiche del periodo analizzato - gli anni compresi dal 1956 al 1969 - capiremo, di conseguenza, che ciò che attira la nostra attenzione e ci affascina è questo: la nascita di Brasilia (pur essendo imperfetta come abbiamo visto) e il finanziamento dell'avventura nello spazio sono, secondo un'analisi storica, i due progetti che più di qualsiasi altro dimostrano con quale convinzione l'uomo possa credere nel suo futuro e quanto sia disposto a sacrificare per esso.
Alla nostra riflessione dovremo poi aggiungere un altro dato assai rilevante: negli anni Sessanta l'uomo era reduce dalla Seconda Guerra Mondiale, uno scontro che aveva distrutto buona parte di ciò che era stato costruito, e provocato, secondo la stima redatta dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito Italiano, circa 64 milioni di morti, un dato che diventa ancora più terrificante se si pensa che solo il 35 % del totale era costituito da militari. Mai un conflitto aveva avuto conseguenze tanto devastanti, in buona parte riconducibili all'impiego massiccio della forza aerea usata per colpire indiscriminatamente città e centri dove si rifugiavano i civili. Nonostante ciò l'uomo trovò ancora la forza per guardare al futuro con fiducia e speranza, tentando imprese mai provate prima e riuscendo a portarle a compimento.
Panorama con a sinistra il Congresso Nacional, Brasilia