Il cibo
- Categorie: sei in Musica Il cibo
Sinfonie gustose
Raffinati cultori della musica e della cucina
Ovviamente non è facile sintetizzare, in questi brevi pensieri, la forte correlazione che c’è fra musica e cibo. Comunque ci proverò.
Nella storia della musica 'il cibo' non è mai stato un elemento estraneo, ma al contrario, un elemento ispiratore e al servizio della musica stessa. Pensiamo solamente ai grandi banchetti rinascimentali dove musica e danze accompagnavano le numerose portate offerte agli ospiti, le composizioni conviviali di Telemann, oppure le grandi composizioni che arricchivano le varie feste importanti, come quelle religiose (matrimoni e funerali) o civili (anniversari di battaglie vinte, incoronazioni o compleanni di re o principi). Tutte caratterizzate anche da sontuosi pranzi.
Non pensiamo però solamente alle musiche, ma anche ai musicisti. Gioacchino Rossini è stato notoriamente un grande amante della tavola, un buongustaio, creatore anche di ricette ancora oggi utilizzate e soprattutto ispiratrici di brani musicali come quelli compresi nella «Raccolta di pezzi della vecchiaia» per pianoforte. Si narra anche che in un ristorante di Venezia, mentre aspettava la cottura del suo riso, Rossini abbia composto la celebre aria «Di tanti palpiti» dal Tancredi. Quest’aria venne in seguito soprannominata «l’aria del riso».
Ma affidiamoci al 'gustoso' elenco redatto dal musicista Fabio Valente, in cui compaiono tutti quegli autori che, dal primo Seicento fino alla prima metà del Novecento, hanno per gioco o per passione composto opere con il cibo come elemento curioso e protagonista.
Adriano Banchieri, monaco e musicista bolognese compone nel 1604 uno Zabaione Musicale e poi alcuni anni dopo rivisita un celebre madrigale di Palestrina, Vestiva i colli e le campagne intorno trasformandolo in Rostiva i polli e le castagne al forno; il Convito musicale, del 1610 di Orazio Vecchi e un Banchetto musicale con varietà di deliziose arie di Robert Dowland, liutista e compositore inglese; la Cantata del Caffè di Johann Sebastian Bach, del 1734 su libretto di Picander; lo scherzo musicale scritto nel 1858 da Johan Strauss Jr. e conosciuto come Polka dello Champagne; i Tre pezzi in forma di pera di Erik Satie (1903) e la Banquet Fugue del contemporaneo John Rutter (la quale termina con un geniale 'burp' onomatopeico); e Leonard Bernstein, con la sua Bonne Cuisine - quattro ricette per voce e pianoforte, denominate nell’ordine budino di prugne, coda di bue, petto di pollo e salmì a tutta velocità.
Un raffinato cultore della tavola e buongustaio fu senz’altro Giuseppe Verdi; era conosciuta la sua grande passione per la caccia e si sapeva che amava servire ai suoi ospiti nella tenuta di Sant’Agata, dove visse molti anni, la selvaggina catturata nelle sue terre (quaglie, piccioni, fagiani) e cucinata secondo raffinate ricette di casa. E poi nei suoi pranzi non mancavano mai gli altri piatti della tradizione gastronomica emiliana: i malfatti, la torta fritta, piccioni, sbrisolona, ecc.; il tutto accompagnato da vini come il 'gotturnio' dei colli piacentini o il 'malvasia' del parmese o dal vino bianco e rosso che vinificava e imbottigliava lui stesso. Anche nelle sue opere ci imbattiamo in locande, taverne (Falstaff), banchetti e brindisi (Traviata).
C’è un divertente aneddoto che racconta di quando il sindaco di Busseto gli regalò un pavone e lui, anziché lasciarlo libero di girare elegante e impettito, per il giardino della sua villa, preferì cucinarlo. Verdi poi quando sceglieva un cuoco per le sue cucine lo sottoponeva a prove e severe audizioni come se si trattasse di un cantante al quale affidare una parte.
La buona tavola nella vita e nelle opere di Verdi
in altri autori troviamo riferimenti a cibi e dolci come, ad esempio, la cioccolata nel «Così fan tutte» di Mozart o il marzemino nel «Don Giovanni» sempre di Mozart.
Anche ai cantanti furono dedicati cibi, bevande e dolci : la 'poularde' Adelina Patti, la 'pesca Melba' di cui era goloso Luciano Pavarotti, la 'Diva Renée', il dessert a base di gelato in onore del grande soprano statunitense Renée Fleming.
Infine pensiamo ai numerosi frequentatori dei teatri d’opera: narrano le cronache che nel Settecento e nel primo Ottocento i palchi venivano usati dai proprietari per ricevere invitati, mangiare e bere e gestire la vita sociale. Il tutto mentre si sviluppava lo spettacolo. Interrompevano solo per applaudire certe arie particolarmente belle o momenti conosciuti e di particolare bellezza.
Per finire con un esempio curioso e più recente, sconfinando nella musica più vicina a noi, quella pop degli anni ‘60, potremmo citare il brano «Vegetables» dei Beach Boys di Brian Wilson. Wilson, artista di grande talento e molto più vicino alla musica sinfonica di quanto si pensi, nel 1966 compose Pet sounds, quello che per molti è il più grande album di musica pop mai scritto insieme al Sgt Pepper dei Beatles.
Per le canzoni si scelsero i migliori musicisti di quegli anni che eseguirono partiture complesse e arrangiamenti mai sperimentati prima di allora nella musica cosiddetta popolare, avvicinandola alla musica classica contemporanea.
Un anno dopo Brian Wilson e gli altri membri del gruppo stanno registrando nuove tracce e sentono il bisogno di tornare a una semplicità e a un rapporto più 'naturale' con la scrittura. Il geniale e imprevedibile leader della band decide di portare questa naturalezza anche nella vita di tutti i giorni, compreso il suo rapporto con il cibo; lui e i ragazzi del gruppo iniziano a mangiare sano, solo prodotti della terra (a km zero diremmo oggi) e soprattutto frutta e verdure. Da qui l’idea di comporre una canzone che invece di archi, violini e fiati, si affidi proprio al suono di verdure crude sgranocchiate per gli 'arrangiamenti'. Ne nasce un piccolo divertissement con carote, finocchi, peperoni e tutta un’allegra orchestra di ortaggi a riempire lo studio di registrazione.