Il benessere

Stare male

Il non senso dell'essere

a cura di Chiara Caravello

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Fisso il vuoto, penso. Voglio nero su bianco, scrivo qualcosa, è una macchia ancora da descrivere. Tanto vale, cancello. Bianco su bianco, di nuovo il vuoto. Ma non c'è vuoto, lo spazio è pieno di oggetti, pieno di concetti. Il finto ordine che mi circonda stringe la reale confusione che mi invade. È un cerchio senza armonia, una ruota senza raggi e senza binari, non ha forma né direzione. È un ammasso, si nutre di quello che raccoglie, amalgama gli ingredienti sbattendoli da una parte all'altra. I segni che porta sulla spessa buccia sono i lividi del suo malessere.

Stare male è piangere senza un motivo, è soffrire senza saper piangere. È non avere cibo, è non avere fame. È non trovare un senso, è perderlo, è considerare solo il male e dimenticarsi di sorridere. È smettere di credere nella ricerca, stancarsi di rincorrere nuovi punti di vista, scordare che imparare significa prima di tutto riconoscere i propri errori. È dimenticarsi che per essere felici ci vuole coraggio, audacia di sbagliarsi. È aspettare un consenso per esprimere la propria opinione, sottostimare le proprie parole solo perché qualcun'altro ne ha già scritte di simili. Provare imbarazzo nel chiedere scusa, vergognarsi di ringraziare una volta in più, pensare di dover domandare il permesso per abbracciare un amico. È iniziare a cronometrare il tempo quando è il momento di ascoltare. È stupirsi delle critiche e non farne. È quando aspettarsi di più significa non essere mai contenti e quando accontentarsi significa rinunciare all'ambizione. È ricomporsi di fronte ai perbenisti e non baciare le mani del fabbro che lavora onestamente. È rinunciare alla fatica, esigere risposte senza saper porre domande, aspettarsi apprezzamenti senza mettere l'impegno per creare qualcosa di bello. È spostarsi di corsa, avere sempre la testa per aria ma non ammirare mai il cielo, non percepire una melodia ballabile in tutto, non cogliere il respiro dell'umanità, sentirsi soli in mezzo alla folla. È spegnere la luce e non iniziare a sognare.

Benessere è una fortuna e una scelta, una finanza d'amministrare, piuttosto che qualcosa da possedere. In fin dei conti può essere la ricevuta di quello che una società riesce a tenersi in tasca. Nel più naturale campo d'aggregazione, ogni individuo è chiamato a svolgere il proprio ruolo. Si analizza in un congresso di stati d'animo il prodotto di quest'operare. Situazioni identiche generano spesso reazioni diverse, dalla stessa fonte ognuno può cogliere spunti e stimoli personali. È una sorgente di pensiero, che genera corrente di benessere, tensione evolutiva, elettricità emotiva, carica vitale trasmessa per antenne solitarie in una rete di cavi interconnessi. Nella sua forza, nella sua resistenza, ogni antenna è un punto saldo, insieme a tanti parafulmini pronti ad assorbire e riversare al suolo tutta l'energia nei momenti di accumulo. È sempre l'universo delle relazioni a generare disordine, turbamenti e paranoie. Seppure a volte s'identifichi il benessere con l'assenza di preoccupazioni, "Hakuna matata!", possiamo essere davvero felici quando stiamo con gli altri. C'è chi dice che il vero piacere si raggiunga soddisfacendo un bisogno e chi ritiene che quello stesso piacere si possa provare solo in assenza di qualunque bisogno. Nessuno dice che il benessere sia necessariamente legato al piacere e forse anche la pace nel mondo è un'altra storia. Benessere è la pace interiore, non quella della resurrezione o dell'illuminazione divina: è uno stomaco che non borbotta, un cervello che non rimugina, un cuore che respira placido. Lo stomaco è quieto, appagato. La pancia leggera, l'intestino libero. I piedi pronti a lasciarsi andare sulle note della prima canzone che suoni, la voce fresca già fischietta e fa l'accompagnamento. Lo sguardo lucido, brillano di gioia gli occhi, le acque quiete delle ghiandole lacrimali suggeriscono serenità. La pelle distesa, se la gode come un lenzuolo al sole nella brezza tiepida e profumata della primavera. Linfa vitale corre fino alla punta di ogni capello, forte, come la risata che sale dall'esofago e invade il palato e l'aria tutt'attorno. Qualcuno rende un sorriso, rilanci: oggi non è un prestito, oggi è un regalo! È tutto predisposto per noi, la potenza in ogni elemento attende il suo colpo di sparo e tiene calde le gambe, è pronta a scattare, per ora saltella. Sorride per caricarsi al meglio, offre un bicchiere alla fortuna, brinda all'impegno di conservarla. Lei ammicca, l'ha trovato. Ripone in quell'essere umano tutta la sua fiducia, gli spalanca le sue porte e già una musica da dentro lo chiama e lo accoglie.

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