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Il corpo, la mente, l'anima
... e le forme della mutazione
Nessuna cosa, nessuna persona, nessuna forma è al sicuro. Tutto vive in una metamorfosi più o meno invisibile che non si ferma mai. - Robert Musil
L'effetto 'metamorfosi' ha radici nella letteratura. A partire da Omero che racconta la trasformazione dei compagni di Ulisse in porcellini per volontà della maga Circe. O a partire da Ovidio che mostra uomini e dei tramutarsi in altri animali, o fiori, o piante. A Lucio, personaggio dell'Asino d'oro di Apuleio, spuntano lunghe e pelose orecchie, come già a re Mida e come pure a Pinocchio e a Lucignolo nel paese dei balocchi. La biblica moglie di Lot, in fuga da Sodoma distrutta, si muta in statua di sale per essersi voltata a guardare la 'città del peccato' contro la volontà divina. Kafka ci impressiona con lo spaventoso risveglio del giovane Gregor, diventato nottetempo un grosso scarafaggio. Il fenomeno della trasformazione non si limita alla sola assunzione di diverse sembianze, ma condiziona fortemente anche i comportamenti di chi la subisce, costretto ad adattarsi al nuovo status dopo uno scontro fra inconscio e razionalità.
Tra fantasia e realtà
La metamorfosi è manna per un'arte come il cinema che fonda essenzialmente sull'immagine la sua ragion d'essere. Ad esempio la mutazione dell'uomo in animale, che la Hollywood più tecnologica ci somministra a profusione alimentando generi contigui come il fantasy, la fantascienza e l'horror, ha fornito e fornisce anche prodotti di qualità. Cambiamenti in carne e ossa sono invece quelli che costringono certi attori (evidentemente senza troppi complessi!) a ingrassare sin quasi all'obesità o a dimagrire a dismisura per esigenze di copione, non senza rischi per la salute. Per interpretare la parte del pugile in pensione Jack La Motta in Toro scatenato, Robert De Niro aumentò di ben 30 chili! Doppio salto mortale per John Travolta, che nel musical Hairspray diventava una ballerina simpaticamente cicciona. Al contrario Michela Cescon, in Primo amore di Matteo Garrone, si faceva scheletrica per interpretare un'anoressica, così come in L'uomo senza sonno Christian Bale è un operaio che da un anno non riesce a dormire riducendosi a una specie di zombie: l’attore ha accettato di dimagrire 28 kg arrivando a pesarne appena 55 (da notare l'altezza: 1 metro e 80!). Sorte non migliore tocca a Matthew McConaughey, malato di Aids in Buyers Dallas Club.
Attore facile al trasformismo facciale è Johnny Depp. I lineamenti ordinari del suo volto anonimo lo rendono idoneo per mutazioni al limite dell'incredibile, dal lunare potatore Edward mani di forbice alla maschera di Jack Sparrow nella saga dei pirati dei Caraibi, passando attraverso il tenebroso Sleepy Horlow e il bizzarro Willie Wonka di La fabbrica di cioccolato. In Face off John Travolta agente FBI e Nicolas Cage terrorista, a seguito di un ardito intervento di chirurgia plastica, si ritrovano l'uno con la faccia dell'altro, richiamando senza volerlo un vecchio film minore di John Huston, I 5 volti dell'assassino, in cui il trucco rendeva irriconoscibili grandi star hollywoodiane assoldate per brevi camei.
Nel b-movie Kobra un erpetologo americano studia come trasformare gli uomini in serpenti. Ma è tragedia quando una cavia, per un esperimento mal riuscito, resta metà uomo e metà serpente, un freak purtroppo munito dell'intelligenza sufficiente a comprendere la irreversibilità del suo stato. Nel film c'è un vago richiamo a ibridi della mitologia come il centauro (mezzo uomo e mezzo cavallo), il minotauro (uomo con testa di toro), le sirene (donne pesce), le arpie (uccelli dal volto femminile), la sfinge (altro volto femminile ma su corpo di leone)... Qualcuno forse ricorda che in Conan il barbaro un pitone si allunga paurosamente dalla faccia scura di un sacerdote-stregone che sta compiendo riti satanici.
Sean Penn, capellone nero-chiomato e volto cereo, fa la stranita rockstar anni Settanta per il film di Sorrentino This Must Be the Place. Un posticcio naso aquilino altera i tratti del viso di Nicole Kidman-Virginia Wolf nel film letterario The Hours. In Monster la bella Charlize Theron accetta di abbruttirsi per farsi simbolo delle vessazioni maschiliste. Il trucco della Theron rimanda alle fattezze dell'imbolsito Mickey Rourke lottatore masochista in The Wrestler, diretto da quello stesso Darren Aronowsky che sulle musiche di Ciaikowsky fa danzare Natalie Portman in Il cigno nero, film sul tema del rapporto anima-corpo. Il film di Aronovsky è un horror coreografico in salsa melò che indugia su ossessioni somatizzate sino a produrre alterazioni fisiche. E il palcoscenico è la cornice che mette l'étoile in condizione di scatenare il suo doppio: da un lato il cigno bianco e innocente che vorrebbe essere, dall'altro il cigno nero che la inquieta e la condanna.
This Must Be the Place, di Paolo Sorrentino
Il genere cinematografico che più sfrutta a fini spettacolari le tecniche della trasformazione, non ci sono dubbi, è l'horror: licantropi, pantere, scienziati pazzi tipo Frankenstein (persino il mantello nero del conte Dracula si identifica a volte con le ali di un pipistrello), belle e bestie, uomini ragno, donne vespa, alieni bavosi, mostri della laguna nera, vari Terminator, Trasformers, replicanti, avatar e occhialuti borghesucci che quando vedono i deboli e gli indifesi in difficoltà, si travestono da supereroi e corrono in loro aiuto. Buon ultimo Venom, dove un giornalista entra in simbiosi con un alieno che gli trasmette i soliti poteri eccezionali. Ma come troppo spesso capita in questi film, lo scopo non è problematizzare il tema della trasformazione bensì sbalordire le platee con l'utilizzo dei più sofisticati effetti speciali.
Cronenberg & co.: Versatilità dei grandi maestri
Facciamo un passo indietro per una citazione d'obbligo. Il dottor Jekyll e il signor Hyde, film che ha avuto un sacco di remake. Jekyll è un apprezzato medico londinese che pone la propria scienza al servizio degli umili. Ma la sua bontà viene messa in dubbio dalla diffusa convinzione che la natura umana sia fortemente minacciata dalla cattiveria. Nel tentativo di dividere il Bene dal Male, il medico compie allora arditi esperimenti su di sé finendo per far prevalere gli istinti brutali latenti nella sua indole mite. Ecco perciò il dottor Jekyll trasformarsi nel suo pessimo alter-ego, cioè Mr. Hyde. Quando alla fine il mostro muore, solo da cadavere riprende il suo primitivo aspetto.
Il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick
Nel film anti-militarista Il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick il versatile Peter Sellers ricopre i tre ruoli di un ufficiale britannico, del Presidente degli Stati Uniti e di un ex nazista dal braccio finto. Qui però, più che di metamorfosi, si tratta di trasformismo: non è la stessa cosa (come nel caso di Addio mia concubina di Chen Kaige, in cui due bambini crescono e diventano attori del Teatro dell'Opera di Pechino, ma uno dei due si specializza in ruoli femminili).
Kubrick colpisce soprattutto con Shining, l'onirica e claustrofobica odissea di uno scrittore che per comporre il suo nuovo romanzo si ritira con la famiglia nell'Hotel Overlook, solitario e sperduto fra le Montagne Rocciose. Pian piano egli cade in preda a raptus uxoricida trasformandosi in un demone che insegue la moglie con la scure nei corridoi dell'albergo e nei gelidi labirinti di siepe che lo circondano. Memorabile la sequenza in cui il protagonista vede una bellissima donna uscire nuda da una vasca da bagno e dirigersi verso di lui che però, appena la stringe a sé, la vede mutarsi in una putrescente strega! Per questa meditazione sulle insidie del male che può celarsi anche in un’anima innocua come quella di un romanziere, Kubrick si avvale dell’istrionico Jack Nicholson, il cui ghigno gli rimarrà successivamente impresso, a mo' di nemesi, persino nelle interpretazioni di commedie leggere.
L'ebreo-newyorkese Woody Allen dirige se stesso in Zelig, il camaleonte umano che nel suo smodato desiderio di essere accettato dagli altri ha acquistato la capacità psicosomatica di mettersi nei panni di chiunque incontri. Sì, perchè piacere a tutti dà sicurezza e fa vincere la paura della diversità. Il film è un apologo anti-conformista che indaga sulla caducità dei modelli odierni e sullo sforzo di integrazione degli emigranti, toccando in tempi non sospetti (l'uscita del film risale ai primi anni Ottanta) un tema caldo della nostra contemporaneità.
Il regista della metamorfosi per antonomasia è però il canadese David Cronenberg. Pressoché tutti i suoi film trattano questo argomento. Le deformità grottesche e i raccapriccianti accoppiamenti, la paura, la malattia, il tormentato intreccio tra l'anima e la carne, lo spirito e il corpo, l'uomo e la macchina: questi i demoni che ossessionano Cronenberg, le sue macabre fonti d’ispirazione. Argomenti che pongono l'opera del regista canadese oltre l'horror. Pensiamo a quanta preveggenza in uno dei suoi primi film, Videodrome, funesto teorema secondo cui la tv avrebbe finito per sostituirsi alla realtà facendo dello schermo un'estensione del corpo umano, un amalgama contagioso, una calamita per spettatori lobotomizzati dal mezzo televisivo. Citiamo altri tre suoi film: La mosca, Inseparabili e M. Butterfly. In La mosca, il più ripugnante, uno scienziato sta facendo esperimenti sul trasferimento della materia da un box di vetro a un altro quando in uno dei contenitori entra una mosca che infetta la cavia umana in una sorta di sintesi genetica mutante in un insetto schifoso. Lo stile eccessivo di Cronenberg è inconfondibile: col trucco perfetto e il gusto estremo per il raccapriccio, supera in orrore l'originale da cui trae spunto, L'esperimento del dottor K, cult fantascientifico targato anni Cinquanta. Inseparabili sono invece due gemelli ginecologi che vivono insieme pur con caratteri diversi. Sarà una donna a spezzare questo doppio e ambiguo nodo: un'attrice afflitta da una malformazione uterina (nel film abbondano strumenti chirurgici come forcipi, bisturi, pinze ecc.) che instaurerà una relazione con tutti e due nell'erronea convinzione che siano un'unica persona. Ottima prova di Jeremy Irons che ricopre entrambi i ruoli. Lo stesso Irons merita di essere ricordato in M. Butterfly nella sequenza finale del suicidio dopo una complicata love story con un trans. Cronenberg riprende il rito 'harakiri' che rese celebre l'eroina pucciniana.
Scende in campo anche Pedro Almodovar con La pelle che abito, in cui un chirurgo plastico, dopo che la moglie è morta carbonizzata in un incidente automobilistico, si dedica senza scrupoli etici alle ricerche per creare la nuova pelle sintetica che avrebbe potuto salvarla. Qui il tema della mutazione sconfina nella riflessione su come siamo fatti, dentro e fuori.
La location del film The Lobster di Lanthimos è un nosocomio, quasi una prigione in cui vige una regola assurda: i degenti non possono rimanere single per più di 45 giorni, pena la loro trasformazione in animali. Quando al protagonista viene chiesto che animale vorrebbe diventare in caso di disobbedienza, lui risponde "l'aragosta" (the lobster in inglese), simbolo di longevità e del desiderio di mare come spazio aperto. Chiaro il tema dominante: la società esercita sugli individui, che pure la compongono, un'oppressione senza sconti.
In La moglie del soldato di Neil Jordan, sullo sfondo della rivolta nell'Ulster, un militare irlandese si innamora di una donna di colore, parrucchiera di giorno e cantante di notte, che nasconde l'imbarazzante segreto di essere in realtà di sesso maschile. Il bello è che quando il vero maschio si accorge, continua a esserne innamorato.
Come la guerra cambia gli uomini
Non solo l'amore trasforma gli uomini. Anche la guerra. Prendiamo nell'ordine tre famosi film sulla prima guerra mondiale, sulla seconda e su quella nel Vietnam. E Johnny prese il fucile di Dalton Trumbo descrive l'atroce condizione di un soldato ridotto a un moncone umano che comunica con cenni del capo e chiede inutilmente di essere aiutato a morire (altro film profetico: il tema infatti è di scottante attualità). I migliori anni della nostra vita di William Wyler racconta le difficoltà psicologiche di inserimento di tre reduci, uno dei quali ha perso entrambe le mani, cui sopperisce penosamente con ganci meccanici. Quanto a Il cacciatore, il più bel film fra i tanti girati sul conflitto vietnamita, il regista Michael Cimino mette in significativo contrasto il clima scanzonato di un matrimonio in una comunità ortodossa con le devastazioni della 'sporca guerra' che catapulta tre baldi giovani, prima invitati a nozze e adesso marines, nelle ostili giungle del sud-est asiatico a subire ogni sorta di violenza fisica e morale (uno dei tre, strafatto di coca, si sparerà alla tempia giocando della roulette russa in una sordida bisca di Saigon). I due superstiti tornano a casa provati, ma soprattutto profondamente cambiati: l'uno, partito ancora acerbo ragazzone, s'è fatto uomo. L'altro, orribilmente mutilato, è ospite in una casa di riposo. Sono cambiati come il cupo e scorbutico sergente in congedo che i tre amici, ignari di quel che sarebbe loro accaduto in guerra, hanno deriso a inizio film, durante la festa di nozze.
Per non trascurare il cinema di casa nostra, la pellicola più illuminante sugli imprevedibili effetti psicologici che producono le atrocità di un conflitto è il capolavoro di Mario Monicelli La grande guerra. Qui due cialtroni assoluti (Vittorio Gassman e Alberto Sordi), nel momento in cui vengono catturati dal nemico e costretti a confessare i piani degli alti comandi dell'esercito italiano, in un soprassalto di patrio orgoglio si rifiutano di fare le spie (storica la risposta in dialetto bergamasco che Gassman fornisce all'ufficiale austriaco: «Mi te disi propi un bel nient, capito? facia de merda!»). I due eroi per caso vengono fucilati all'istante, ma non finisce qui: c'è pure la beffa. Il giorno dopo i commilitoni in marcia sul fronte del Piave passano presso i loro cadaveri che giacciono l'uno sull'altro, ma non li vedono. Ed è questo il loro commentano sarcastico: «Anche stavolta quei due sono riusciti a svignarsela». Il maestro Monicelli ci ha insegnato come si può rendere omaggio al Milite Ignoto senza tanta retorica.