I colori
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I colori del Buio
Grazie al telescopio spaziale Hubble, godiamoci lo Spazio!
di Franco Rama
È opinione comune che la notte sia buia e il buio sia scuro, nero… ma se potessimo guardare con occhi “speciali” ci renderemmo conto delle meraviglie nascoste nel buio.
Oggi questi “occhi speciali” sono a nostra disposizione e sono le camere fotografiche ed i telescopi che incessantemente scrutano nell’oscurità della notte per rivelarci proprio i colori del buio.
E se uno di questi occhi speciali è rappresentato dal telescopio spaziale Hubble, in orbita attorno alla Terra, allora lo spettacolo e le emozioni sono certo assicurati.
Ma non è stato sempre così: lanciato nel 1990 con quattro anni di ritardo, dopo la tragedia dello Shuttle Challenger esploso al decollo nel gennaio del 1986, le prime immagini ottenute dal telescopio causarono grande sconforto tra gli astronomi e tutti i partecipanti al progetto: erano fortemente distorte dall'aberrazione sferica e fuori fuoco, e anche con lunghe elaborazioni al computer non potevano arrivare alla risoluzione prevista.
Si scoprì che la causa era una piccola imperfezione nello specchio principale, che richiese l’invio di astronauti per installare un’ottica correttiva durante la prima missione di servizio nel dicembre 1993. Così risistemato, il telescopio spaziale poté cominciare a svolgere il proprio lavoro come da programma e man mano che venivano apportati aggiornamenti e miglioramenti, la sua potenzialità andava aumentando e la NASA ben presto si rese conto che Hubble non era importante solo per la ricerca astronomica ma anche, e soprattutto, per fini divulgativi e didattici.
Le immagini che venivano realizzate per scopi di studio si prestavano benissimo ad essere mostrate al grande pubblico con una elevata valenza estetica contribuendo notevolmente alla diffusione dell’astronomia e ad aumentare l’interesse dell’opinione pubblica verso le ricerche astronomiche che spesso avevano costi, appunto, astronomici…
Così, le immagini di esotici oggetti dello Spazio profondo ci diventano familiari come le fotografie dei luoghi delle nostre vacanze, permettendoci di viaggiare nelle profondità del Cosmo senza spostarci di un passo. E, poiché un’immagine vale più di mille parole, vi lascio con una breve ed incompleta compilation delle migliori riprese effettuate da quel gioiello che è il telescopio spaziale Hubble che, nonostante 25 anni di onorato servizio, continua a regalarci le emozioni di un Universo in espansione!
Fig. 1. “I pilastri della creazione”, 1995. Queste scure, soprannaturali strutture a forma di pilastri che si protendono dalla parete interna della nebulosa come stalagmiti dal suolo di una caverna, sono colonne di polvere e freddo gas idrogeno interstellare che costituiscono immense fucine di formazione di nuove stelle. Una nuova versione, ripresa dopo vent’anni, è visibile a questo link. | |
Fig. 2. V838 Monocerotis, 2004. Una scialba stellina in una oscura costellazione improvvisamente diventò 600mila volte più luminosa del nostro Sole trasformandosi temporaneamente nella stella più luminosa della nostra Galassia. | |
Fig. 3. Resto di supernova N50, 2003. Non si tratta della nuvoletta di fumo e scintille di un fuoco d’artificio, bensì questi delicati filamenti di gas sono i detriti di una esplosione stellare avvenuta migliaia di anni fa nella Grande Nube di Magellano. Chiamata N50 questa apparentemente tranquilla nuvoletta di gas ospita una potentissima stella di neutroni, probabilmente ciò che rimane della stella originaria, che ruota su se stessa così velocemente da generare un campo magnetico un fantastiliardo di volte più potente di quello terrestre, il che fa di questa pulsar un membro dell’esclusivo club di oggetti chiamati magnetar, o “stelle magnetiche”. | |
Fig. 4. Nebulosa planetaria M57, 1999. Le nebulose planetarie sono così chiamate perché osservate attraverso un piccolo telescopio appaiono con una forma rotondeggiante, simile al disco di un pianeta, ma non hanno nulla a che fare con i pianeti. Si tratta invece di gusci di gas espulsi da stelle di massa paragonabile al nostro Sole quando sono giunte al termine della loro vita. La perdita degli strati esterni espone il caldissimo nucleo stellare la cui intensa radiazione ultravioletta provoca la fluorescenza dei gas espulsi. È il destino del nostro stesso Sole che si trasformerà in una nebulosa planetaria entro i prossimi 6 miliardi di anni. Il telescopio spaziale ha ripreso questa splendida e dettagliata immagine di M57, la nebulosa Anello nella Lira, che senza dubbio è la più famosa di tutte le nebulose planetarie. Questa foto rivela granuli allungati di materiale avvolti nei gas ai margini della nebulosa e la stella morente al centro immersa in una nebbia bluastra di gas molto caldo. La nebulosa ha un diametro di circa un anno-luce e si trova in direzione della costellazione della Lira a circa 2000 anni-luce da noi. I colori si avvicinano molto ai colori reali e rappresentano diversi elementi chimici: blu per l’elio, verde per l’ossigeno e rosso per l’azoto. | |
Fig. 5. Nebulosa planetaria NCG6543, 2004. La Nebulosa Occhio di Gatto è una nebulosa planetaria visibile nella costellazione boreale del Dragone. Anche qui la potente radiazione ultravioletta della stella centrale ha scolpito le delicate forme della nebulosa che, come la maggior parte degli oggetti astronomici, è formata soprattutto da idrogeno ed elio con gli elementi più pesanti presenti in minori quantità. | |
Fig. 6. Nebulosa planetaria NGC3132, 1998. Anche l’emisfero Sud ha la sua Nebulosa Anello: NGC3132 si trova ad una distanza di circa 2000 a-l nella costellazione della Vela. Al centro del guscio di gas in espansione si trovano due stelle chiaramente visibili: la più piccola e debole è il nucleo residuo della stella esplosa estremamente caldo (100mila gradi) la cui intensa radiazione ultravioletta fa brillare per fluorescenza i gas espulsi. I colori sono stati scelti per indicare le diverse temperature dei gas che compongono la nebulosa: in blu i più caldi, confinati all’interno della nebulosa, in rosso i più freddi nelle zone periferiche. | |
Fig. 7. Nebulosa oscura NGC2264, 2002. È una complessa regione di formazione stellare nota come NGC 2264: è un’area di cielo nella costellazione dell’Unicorno che comprende la Nebulosa Cono (nota anche come Madonna col Bambino), qui rappresentata. È un insieme di nebulose ad emissione rossastre, ionizzate dall’energica luce di stelle neonate e scure nubi di polveri interstellari. | |
Fig. 8. Nebulosa oscura B33, 2001. La più famosa tra le nebulose Oscure, la Testa di cavallo è così chiamata per la sua somiglianza con il pezzo degli scacchi. È visibile come una rientranza scura della rossa nebulosa a emissione IC434 ed è scura proprio perchè si tratta di polvere opaca che si staglia sullo sfondo rosso brillante di IC434. | |
Finora abbiamo visto i colori della nostra Galassia, quella con la G maiuscola, la Via Lattea. È tempo di superare il buio intergalattico e vedere quali altri colori ci circondano… |
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Fig. 9. Galassia spirale M74, 2007. M74 è un impressionante esempio di galassia a spirale vista proprio “di faccia”. I suoi bracci a spirale perfettamente simmetrici sembrano disegnati al compasso, e si dipartono dal nucleo centrale disseminati di ammassi di giovani stelle blu e zone di intensa formazione stellare dominate dal riverbero rossastro delle nubi di idrogeno. Serpeggianti filamenti di polveri si muovono lungo i bracci dando l’impressione del movimento a vortice. | |
Fig. 10. Galassia spirale M101, 2006. Questa fotografia è la più grande e dettagliata immagine prodotta dal telescopio spaziale: è il ritratto della galassia M101 nell’Orsa maggiore che si estende per circa 170mila anni-luce, circa il doppio delle dimensioni della nostra Via Lattea, e si pensa contenga almeno mille miliardi di stelle, di cui 100 miliardi potrebbero essere simili al nostro Sole. I bracci sono punteggiati da vaste regioni di intensa formazione stellare, da brillanti ammassi di giovani e caldissime stelle blu e lunghi filamenti di polveri. | |
Fig. 11. Galassia attiva M82, 2006. La galassia è notevole per il suo brillante disco blu, la ragnatela di nubi gassose frastagliate, gli ardenti pennacchi di idrogeno incandescente espulsi dalle regioni centrali. Nel nucleo di M82 le stelle nascono ad un ritmo 10 volte superiore a quello dell’intera Via Lattea e questa enorme concentrazione di giovani stelle provoca un intenso supervento stellare che scolpisce le nubi di gas e polveri, comprimendole e facilitando la formazione di milioni di nuove stelle. Questo elevato ritmo di formazione stellare sarà la rovina di questa galassia: quando la nascita di nuove stelle sarà troppo vigorosa, consumerà o distruggerà la materia necessaria per farne altre e la produzione cesserà, probabilmente entro poche decine di milioni di anni. |
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Fig. 12. Galassie interagenti M51e NGC5195, 2005. La magnifica spirale di M51, la galassia Vortice, appare come una gigantesca scala a chiocciola che scende nelle profondità del cosmo. Formati da lunghi filamenti di stelle e gas misti a polveri, I due splendidi bracci sono la caratteristica tipica delle galassie a spirale. I bracci sono fucine stellari, in cui I gas e le polveri vengono compressi per creare nuove famiglie di stelle. In M51 la catena di montaggio inizia con le scure nubi di gas del margine più interno, per proseguire poi nelle luminose aree rossastre di formazione stellare e termina con i brillanti ammassi blu di giovani stelle verso i margini più esterni. Si pensa che questi bracci così evidenti in M51 siano dovuti all’incontro molto ravvicinato con NGC 5195, la galassia giallastra al termine di uno dei bracci, che a prima vista sembra stia tirandolo a sé. In realtà NGC 5195 sta passando dietro a M51 ma la sua forza gravitazionale la sta deformando, stirandola ed aprendola. | |
Fig. 13. Galassia interagente Arp273, 2011. Arp 273 rappresenta un caso eclatante di galassie interagenti. Localizzato al confine tra la costellazione di Andromeda ed il Perseo, il gruppo si trova a circa 300 milioni di anni-luce da noi ed è il risultato di un immane scontro galattico. La galassia più grande possiede un disco distorto dalle forze di marea in quello che sembra quasi una rosa, mentre la galassia compagna al di sotto ne rappresenta lo stelo. |