Gli animali

Lionel Asbo

di Martin Amis

di Luca Conca

martin amis

Martin Amis, foto: The Times

Per parlare di Martin Amis e del suo romanzo «Lionel Asbo, stato dell’Inghilterra», partirò subito da una citazione di Saul Bellow: «Martin Amis usa un linguaggio elettrico. Capisco l’euforia di chi gioca così con le parole. Inventare un nuovo modo di descrivere la vita moderna è una scoperta inebriante…»

Bellow ha perfettamente ragione perché la prosa di Amis è percorsa da una scossa continua, da un’invenzione che rende la lingua e il suo lessico nuovissimi e spumeggianti. Pirotecnica e funambolica mi verrebbe da aggiungere.

Lionel Asbo libroE questo è il primo aspetto che colpisce leggendo un romanzo di questo scrittore nato a Oxford nel 1949 e figlio del prolifico Kingsley Amis. Fin dal suo primo libro, «Il dossier Rachael», scritto a 24 anni, seppur tra gli spunti autobiografici, l’urgenza di Amis è quella di trovare una lingua che sappia descrivere in modo nuovo la realtà che lo circonda ma allo stesso tempo che ne destrutturi e annulli i tanti manierismi e gli stilemi di genere. Anche provocatoriamente, anche scorrettamente e con un cinico sarcasmo che lo rende immediatamente uno degli autori più originali della sua generazione. Non è però un autore post-modernista, non gli interessa frullare insieme più linguaggi, influenze e imbarbarimenti del lessico giovanile.

Nei romanzi successivi Amis continua a giocare con la sua prosa e la rende sempre più ricca e anche irriverente; unico credo tra gli scrittori di quegli anni sperimenta stili diversi e percorre strade lontane tra loro se non addirittura divergenti: il romanzo autobiografico, il noir, il romanzo psicologico, quello storico, cercando sempre però una letteratura originale e non incasellabile.

Ma se dovessi dire ciò che accomuna le tante anime della scrittura di Martin Amis direi la ricerca della lingua perfetta che sappia descrivere la violenza. Mi spiego meglio. Per Amis la società contemporanea è il luogo in cui convivono l’alto e il basso, la purezza e la corruzione, l’autenticità e l’inganno, l’inoffensività e la violenza. L’uomo del nostro tempo è cresciuto facendosi un’istruzione e coltivando un talento, si è fatto una posizione, si è inserito nel sistema, arrivando a distinguersi e a brillare tra gli altri, eppure è sempre in balia dell’inaspettato, dell’imprevedibile, del caos.

Per Martin Amis il caos non è rappresentato dal disordine ma dalla precipitazione degli eventi, dall’incontro improvviso con la violenza. Violenza urbana, pura e distillata, quella che non ha nessun fine se non quello del proprio esercizio. Girare l’angolo e ritrovarsi faccia a faccia con un teppista, non un semplice delinquente ma un professionista, un cultore del dolore fisico indotto.

I personaggi di Amis, colti, intellettuali, anche se spesso comicamente frustrati e insicuri, vivono sapendo presto o tardi di dover fronteggiare il loro esatto opposto, l’ignoranza, la spietatezza, la violenza.

Questa lunga premessa per descrivere il personaggio di Lionel Asbo nel libro omonimo del 2012, dello scrittore inglese.

Asbo è un delinquente, fisicamente ricorda Wayne Rooney, il giocatore del Manchester United, ben piazzato, non molto alto, tozzo. È un uomo volgare e violento che entra ed esce continuamente di galera. Ultimo di sette figli (partoriti dalla libertina Grace Pepperdine entro l’età di diciannove anni: Cilla, John, Paul, George, Ringo e Stuart - in onore dei Beatles).

Lionel Asbo img

Lionel è specializzato in truffe e ricettazione. Quando non è dietro le sbarre, vive nella grigia cittadina di Diston insieme al nipote Des, figlio di sua sorella Cilla morta quando il bambino aveva appena dodici anni, con il preciso compito di iniziarlo alla vita adulta. Quindi Asbo è il pericolosissimo contrario di tanti protagonisti amisiani e ironicamente incarna lo spirito di quell’Inghilterra che per Martin è ormai persa e fuori controllo.

Ma Lionel Asbo ha una sua propaggine, anzi due, i suoi due adorati pit bull, che tiene costantemente 'su di giri', come dice lui, a furia di ingollarli di birra e tabasco; due cani psicopatici che gli sono necessari per i piccoli colpi criminali con i quali si mantiene e per il gusto sadico di vedere fino a che punto può spingersi la natura animale se è forzata e violentata da quella umana.

Lo dice bene Asbo parlando col nipote: «Senti, lo so che secondo te io tratto male Jeff e Joe. Ma il motivo è questo. Devono aggredire le persone, quando glielo ordino… E mi sa che ora è arrivato il momento di farli sbronzare un po’.»

I due pitbull sono il braccio armato e strafatto di Lionel, addestrati al caos, alla violenza; del loro padrone hanno quella assoluta perseveranza nel fare del male.

Il personaggio, unico e irresistibile, creato da Martin Amis, insieme ai suoi Jeff e Joe, si muove nel romanzo travolgendo ogni passaggio narrativo con la sua comica e inarrestabile furia e fino a poche pagine dalla fine riesce perfino a conquistare il lettore, a trascinarlo dalla sua parte, fracassona e sgrammaticata, fino a che i cani, i tremendi messaggeri di Asbo, non sveglieranno quello stesso lettore di soprassalto dal suo divertimento, dallo spirito giocoso con cui ha preso tutto il libro e il suo protagonista, per precipitarlo nella paura, nell’inimmaginabile, nella violenza.

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