La tecnologia

Vivi e lascia morire

di Ian Fleming

di Luca Conca

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«Vivi e lascia morire» è il secondo romanzo con protagonista James Bond, la spia con licenza di uccidere, 007, scritto da Ian Fleming nel 1954.

Il primo della serie, Casino Royale, non era ancora uscito nelle librerie che lo scrittore era già al lavoro su questa nuova avventura, seguendo il consiglio di Michael Arlen : «Scrivine un altro senza aspettare che i critici facciano a pezzi il primo».
Ma le critiche furono invece benevole e le prime vendite confortanti tanto che l’editore Jonathan Cape aveva già pronto un contratto per altri tre titoli. Il resto, come si suol dire, è storia, e non solo quella letteraria ma quella cinematografica, quella del costume, con un riverbero nell’immaginario collettivo che ha pochi esempi nella cultura popolare di massa. Ian Fleming scrisse dodici romanzi e due raccolte di racconti con protagonista il suo celeberrimo eroe, con titoli che hanno oggi la forza evocativa di proverbi.

L’universo 'bondiano' ha ormai tali e tante ramificazioni da trascendere sia il genere in cui è nato (quello spionistico e d’azione) sia la fama dell’autore che l’identità stessa del protagonista. James Bond non è più un personaggio con caratteristiche proprie e un contesto in cui muoversi ma un marchio che è diventato il referente di se stesso.

 

Fino a quel momento gli scrittori che avevano scelto di operare in quel genere, la spy story internazionale, erano soprattutto inglesi (penso innanzitutto ad Eric Ambler, poi chiaramente a certi romanzi di Graham Greene e ad alcuni racconti di Somerset Maugham) e forse il genere stesso era, possiamo dire, 'inglese' con una prosa spesso colta e raffinata e con un’attenzione alla dimensione umana e sociale dei personaggi, prima che alle tante tensioni internazionali e alle agenzie di controspionaggio che stavano rivestendo  un ruolo sempre più delicato nel mondo geopolitico che si andava riconfigurando.

In America invece tutta la narrativa di genere degli anni ‘50, sia quella più pulp dei racconti delle riviste come Black Mask, sia quella d’azione pura si affidava apertamente a soluzioni più facili e ammiccanti, puntando più sull’alta tensione e sul ritmo che sulle sfumature psicologiche. Un esempio su tutti il Lemmy Caution di Peter Cheyney che è sì nato in Inghilterra ma che il suo autore ha voluto fosse americano. Ian Fleming unisce in modo ineccepibile questi due elementi arrivando a una miscela che non faccio fatica a credere che per il lettore dell’epoca fosse esplosiva: ambientazioni esotiche, donne mozzafiato, macchine sportive, cocktails e abiti firmati, antagonisti memorabili, violenza, azione, e soprattutto armi fantascientifiche.

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È proprio in queste futuristiche dotazioni sulle quali Bond può contare che il mondo creato dallo scrittore inglese gioca le sue carte vincenti. L’agente 007 certo rappresenta  per la narrativa di spionaggio e azione quello che Sherlock Holmes o Miss Marple rappresentano per il giallo, vale a dire la figura per antonomasia dell’agente segreto sprezzante del pericolo e dalle innumerevoli abilità, che raccoglie in sé e al massimo grado tutti gli ingredienti del genere, stilemi, cliché, ma con una nuova e caratterizzante differenza: i 'gadget', gli ultimi ritrovati della tecnologia, spesso appunto armi sofisticatissime e fantasiose, sia a disposizione degli agenti segreti che dei loro altrettanto fantasiosi nemici.

Anche in questo Fleming dimostra più inventiva e spericolatezza letteraria rispetto ai suoi colleghi: i cattivi delle missioni di 007 vanno a formare una galleria di tipologie fisiche e psicologiche assolutamente unica, con tic, manie, perversioni da fumetto, diventando loro stessi un genere, una categoria dell’avventura. Va però detto che la quantità di gingilli letali che il capo del Secret Intelligence Service inglese, il leggendario «M», fornisce a Bond, o le meraviglie tecnologiche contro cui deve difendersi, sono più numerosi nei film tratti dalla serie che non nei romanzi, dove non sempre hanno lo stesso ruolo centrale. Ciò non toglie che rappresentino una novità entusiasmante per il lettore (e a dirla tutta forse una scorciatoia e una soluzione narrativa fin troppo furba per l’autore).

vivi lascia morireIn «Vivi e lascia morire» per esempio Bond si trova legato  e immobilizzato davanti alla lussuosa scrivania di Mr Big, il Bond Villain dell’episodio, un nero gigantesco dalla pelle grigiastra e dagli occhi gialli che indica all’agente segreto il buco della serratura del cassetto che ha di fronte: può fare fuoco  grazie a un pedale sotto il piano del mobile senza quasi emettere un suono. Ma non è l’unico marchingegno diabolico di cui lo scrittore dissemina il romanzo. Mentre Bond e il suo collega della CIA Felix Leiter sono seduti al tavolino di un night club di proprietà di Mr Big per raccogliere informazioni utili, fingendosi due clienti in libera uscita, il pavimento sotto di loro si muove e lentamente scende risucchiandoli in una stanza sotterranea: una piattaforma idraulica che è in grado in pochi secondi di inghiottire i clienti comodamente seduti davanti al palco, tavolo e sedie comprese. O ancora una lastra mobile che si alza d’improvviso e fa precipitare il malcapitato in una grande vasca dove si muove irrequieto uno squalo tigre.

Nessuno degli scrittori di quegli anni userebbe trucchetti come questo per togliere d’impaccio il protagonista o per creare il finale ad effetto con la morte del cattivo; non mi ci vedo Chandler o Hammett usare questi stratagemmi al posto di una ben più prosaica botta in testa o sparatoria nel buio. Ma la forza narrativa di Ian Fleming sta nello spingere il pedale sull’improbabile, sul fantastico, creando un contesto adeguato alle pirotecniche avventure di Bond. Nei romanzi seguenti e ancor più, si diceva, nelle loro versioni cinematografiche, l’idea vincente dello scrittore sarà portata all’estremo con modifiche alle carrozzerie di macchine, orologi da polso, semplici accendini e agende, racchette da tennis e chi più ne ha più ne metta, in un numero infinito di trovate mirabolanti che sarebbe impossibile elencare.

Si ha però la sensazione che tutta questa fantasia tecnologica (che nel decennio seguente sarà sfruttata fino allo sfinimento in tutti i vari romanzi con i tanti epigoni dell’agente segreto fleminghiano), non serva solo all’autore per rendere sempre più avvincente la trama ma che nasca da una forte esigenza, in quegli anni, di vedersi già proiettati in un futuro prossimo, sorprendente e immaginifico. I progressi della tecnologia applicati all’industria di consumo stanno rendendo la vita quotidiana più comoda e eccitante, anche per il ceto medio (guarda caso il bacino dei lettori dei romanzi di genere).

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Ian Fleming e il suo eroe daranno alla narrativa una scossa avveniristica che proietterà l’agente segreto 007 non solo nel futuro ma anche nella leggenda.

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